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30 Gen 2017
TREVISO - "Qui intorno ci sono centinaia di cantine che producono prosecco, da Porto Marghera lo spediscono anche in America. Eppure noi non ne trasportiamo neanche una bottiglia...". Luciano sorride ironico mentre il Tir affronta lentamente una delle tante rotonde della strada che da Treviso va verso il mare sfilando tra vigneti e centri commerciali. Le Dolomiti appena velate di neve sembrano fantasmi lontani sull'orizzonte.
Capelli brizzolati, lo sguardo tagliente di un felino, è al volante di un gigante da quindici tonnellate, 650 litri di gasolio e centomila euro di valore. Normalmente trasporta prodotti siderurgici, coils e tondini che aggiungono al camion altre quaranta tonnellate, ma oggi nel rimorchio c'è un carico "leggero" di stoviglie di plastica da portare in Slovenia: siamo partiti dalla campagna trevigiana subito dopo pranzo, la prima tappa è a Zalec, stasera, dove Luciano dormirà nella cuccetta del Tir fermo in un parcheggio ("magari uno di quelli attrezzati con i bagni e le docce, qui in Italia non li trovi") e domani mattina scaricherà parte dei pallet. Poi altre centinaia di chilometri fino a Maribor per consegnare tutto il resto e il ritorno attraverso l'Austria dove caricherà tavole di legno.
"Ecco, con questo fornelletto scaldo i pasti preparati da mia moglie. In giro non si mangia più bene come una volta e per un autista mangiare sano è importante, si lavora meglio, più sicuri. Poi le voglio dire un'altra cosa: sente come viaggiamo senza vibrazioni del rimorchio? Con un carico così leggero se i pallet non fossero sistemati a regola d'arte e se la manutenzione del mezzo non fosse perfetta, adesso staremmo qui a ballare. Ma ormai siamo rimasti in pochi a lavorare come si deve...".
Ancora quel sorriso ironico di Luciano. La rivendicazione di una professionalità davanti al fenomeno che da qualche anno sta scuotendo il mondo dei trasporti su gomma del nostro Paese, cancellando posti di lavoro e aziende, proiettando ombre sui livelli di sicurezza stradale. L'ennesimo danno collaterale delle delocalizzazioni.
Fonte: LA REPUBBLICA