Strage di Viareggio, prime richieste di condanna ma il rischio è la prescrizione
Chiesti 16 anni per l'ex ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, e 15 anni per l'ex ad di Rfi Michele Mario Elia.
Mentre al Quirinale Mauro Moretti, a.d. di Leonardo-Finmeccanica, riceveva, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, un premio per un progetto sulla sicurezza degli spazi aerei civili, la Procura di Lucca chiedeva per lui 16 anni di reclusione per la strage ferroviaria di Viareggio.
Dopo una requisitoria fiume durata cinque udienze, i pm della Procura di Lucca hanno richiesto le pene per le 33 persone e le 9 società imputate nel processo per il disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno 2009, costato la vita a 32 persone, tra cui 4 bambini sotto i 4 anni.
La sentenza di primo grado è attesa entro la fine dell’anno. I pm hanno chiesto pene durissime per tutti (la più alta, 16 anni di reclusione, per proprio per l’ex a.d. di Ferrovie Mauro Moretti), a eccezione di quattro imputati, per i quali è stata chiesta l’assoluzione.
IL DISASTRO FERROVIARIO
Poco prima di mezzanotte, il 29 giugno 2009, un treno che trasportava gas propano liquido, diretto a Gricignano, in provincia di Caserta, deragliò all’altezza della stazione di Viareggio, mentre viaggiava a circa 90 km orari. A causare il disastro fu la frattura di un assile, il tubo che collega due ruote sotto a una cisterna.
Questa si squartò urtando, ancora in corsa, contro qualcosa, il gpl fuoriuscì e un incendio esplosivo tipico del gpl, detto flash fire, avvolse le vie accanto alla stazione, uccidendo 32 persone nelle loro case o mentre erano per strada. C’era chi andava al lavoro, come il panettiere Antonio Farnocchia, 51 anni, chi tornava a casa, come Rosario Campo, 42 anni, polverizzato mentre passava in motorino. E chi disperatamente cercava di fuggire, allarmato dall’odore inconfondibile del gas azzurrino entrato nelle case dalle finestre tenute aperte, in una notte calda di inizio estate.
Intere famiglie, come gli Ayad, furono sterminate. L’ultima a non farcela, per le ustioni riportate, fu Elisabeth Silva, che morì sei mesi dopo. Nell’aula del Polo Fieristico di Lucca, l’unico luogo abbastanza grande per accogliere un centinaio di avvocati tra difesa e parti civili, dal 2013 si celebra il processo. Da allora i familiari delle vittime non mancano mai. Anche oggi è stato così.
LE RICHIESTE PER LE AZIENDE PROPRIETARIE DEL CARRO E RESPONSABILI DELLA REVISIONE
I pm hanno richiesto otto anni e sei mesi per Daniele Frattini, dipendente della Cima Riparazioni: accertò che i lavori di manutenzione fatti sul carro, che poi deragliò a Viareggio, erano stati “fatti a regola d’arte”; 9 anni per Uwe Koennecke, responsabile dell’officina Jugenthal di Hannover che lo revisionò: permise che il controllo sull’assile fosse fatto in 12 minuti anziché in 30; 6 anni e 8 mesi per Uwe Kriebel, dipendente della Jugenthal: nel suo controllo definito dal pm “alla cieca”, non si è accorto della cricca di 11 millimetri nell’assile, “un cancro che erodeva il metallo” secondo la Procura.
Sarebbero bastati gli ultrasuoni per rilevarla. Dieci anni di reclusione è la pena richiesta invece per Rainer Kogelheide, amministratore delegato della Gatx Rail Germania, azienda proprietaria del carro, nonché direttore dell’officina Jugenthal di Hannover: per i pm non ha controllato l’operato dei suoi dipendenti e ha lasciato che l’assile superasse il controllo dell’officina. Roman Mayer, responsabile manutenzione di Gatx Rail Austria, non ha vigilato sulle manutenzioni, passando l’assile incriminato alla Cima perché lo montasse sul carro. Per lui i pm hanno chiesto 8 anni e 3 mesi.
IL GRUPPO FS
Tutti assenti i dirigenti di FS imputati, a eccezione di Emilio Maestrini, allora responsabile della Direzione ingegneria, sicurezza e qualità di sistema, oggi fuori dal gruppo. La pena più dura è stata chiesta per Mauro Moretti: 16 anni per l’allora amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, società capogruppo delle società Trenitalia, Logistica e RFI. Non ha valutato i rischi nel trasporto di merci pericolose, secondo i pm, né è intervenuto per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori.
Quindici anni chiesti per l’amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, Michele Mario Elia. Secondo l’accusa, avrebbe dovuto garantire la sicurezza del trasporto di merci pericolose. Per Giulio Margarita, Direttore Sistemi di sicurezza della circolazione dei treni e dell’esercizio ferroviario, i pm hanno chiesto 13 anni: avrebbe potuto regolare la velocità dei treni e determinare le scelte aziendali in merito alla sicurezza. Per Enzo Marzilli, direttore della direzione norme, standard e sviluppo ed omologazione di Rfi, chiesti 9 anni: gestiva politiche e indirizzi in materia di sicurezza.
Nove anni richiesti anche per Salvatore Andronico, dirigente della Sicurezza di sistema nella divisione Cargo di Trenitalia: era tenuto all’analisi e alla valutazione dei rischi nel trasporto di merci pericolose; stessa pena chiestaper il direttore della divisone Cargo, Mario Castaldo, colpevole secondo la Procura di Lucca di aver fatto circolare un carro gravemente difettoso; nove anni chiesti per il direttore della direzione tecnica di Rete Ferroviaria italiana, Giorgio Di Marco: a lui spettava elaborare il piano annuale di sicurezza della circolazione ferroviaria; richiesti 5 anni per il direttore dell’infrastruttura di Firenze di Rfi, Calogero di Venuta: non ha valutato i rischi nella tratta di sua competenza per il trasporto di merci pericolose all’interno di un centro abitato, né ha segnalato a Rfi la sostituzione del picchetto alla stazione di Viareggio, un pezzo di metallo piantato lungo i binari, che avrebbe squarciato, secondo la Procura, la cisterna da cui uscì il gpl. Sei anni e 6 mesi richiesti per il direttore della So armamento, direzione tecnica di Rfi, Giuseppe Farneti: avrebbe potuto far rimuovere il picchetto e valutare gli investimenti da fare in tema di sicurezza, essendo sindaco revisore; avrebbe potuto promuovere anche l’uso dell’antisvio, il dispositivo (non obbligatorio e attualmente in fase di sperimentazione in FS) che ferma il treno in caso di deragliamento; chiesti 9 anni anche per Francesco Favo, direttore dell’istituto sperimentale di Rfi, così come per Alvaro Fumi, direttore dell’istituto sperimentale Rfi. Non avrebbe verificato che i controlli sull’assile fossero adeguati e non avrebbe preteso, per i carri stranieri, pari standard di manutenzione rispetto a quelli immatricolati in Italia: per questo l’accusa ha chiesto 12 anni per Gilberto Galloni, a.d. di FS Logistica. Alle aziende coinvolte, tranne la Cima Riparazioni, infine, i pm hanno chiesto una sanzione da un milione di euro ciascuna.
IN AULA, I PARENTI DELLE VITTIME Sulla camicia celeste, in corrispondenza del cuore, Marco Piagentini, 46 anni, ha appuntata la spilletta bianca de Il Mondo che Vorrei, l’associazione dei familiari delle vittime della strage di Viareggio di cui è presidente e che prende il nome da una canzone di Vasco Rossi. “Abbiamo scelto questo nome perché non vorremmo piangerci addosso. Da una tragedia che è capitata a noi vorremmo nascesse un mondo migliore, con più sicurezza per tutti” dice Piagentini a l’Espresso.it. Alla sua destra è seduta Daniela Rombi, che nella strage ha perso la famiglia Emanuela Menichetti, 21 anni.
Insieme prendono appunti su un foglio: annotano le richieste di condanna fatte dai pm. Sono in terza fila. Come a ogni udienza, le prima due file sono riservate ai veri protagonisti di questo processo: le 32 vittime. I loro volti, uno per sedia, sorridono nelle foto stampate sulle magliette bianche stese, gli occhi puntati verso il presidente del Collegio giudicante Gerardo Boragine o forse più su, dove la scritta in metallo su sfondo bianco campeggia gelida. “Manca una particella a quella scritta. La legge non è uguale per tutti” commenta Daniela Rombi, che, comunque andrà la sentenza di Lucca, non accetta che quello di primo grado sia l’unico processo “completo”. “In appello e in Cassazione mancheranno almeno due capi d’accusa, incendio colposo e lesioni colpose plurime gravi e gravissime. Andranno in prescrizione già dal prossimo anno e noi non possiamo accettarlo”.
Sono una trentina i parenti delle vittime seduti in silenzio religioso, con loro anche altri viareggini. E un uomo alto, barba bianca, immancabile quando si parla di strage di Viareggio: è Riccardo Antonini, 64 anni, il ferroviere licenziato nel 2011, a un anno dalla pensione, per conflitto di interessi con l’azienda. La sua colpa? Aver continuato, nonostante l’invito a cessare da parte di Rfi, a dare consulenze gratuite a una famiglia colpita dalla strage, durante l’incidente probatorio.
Quando il pm chiede 13 anni per Giulio Margarita, Piagentini annuisce con la testa, mentre un brusio generale si leva quando la Procura chiede 16 anni per Mauro Moretti. Marco Piagentini, oggi 46 anni, nella strage perse la moglie Stefania Maccioni, 39 anni, e due dei tre figli: Luca, 4 anni, e Lorenzo, 2. Il primogenito, Leonardo, si salvò protetto dal materasso, rimanendo sepolto per 4 ore dalla propria casa, esplosa come sotto un bombardamento. Fece il giro del mondo il video del suo salvataggio, ma il papà Marco tornò ad abbracciarlo solo dopo 180 giorni, passati al Centro Grandi Ustionati di Padova. Leggi tutta la notizia