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04 Nov 2016

Cis-Interporto Nola, dopo l'ok delle banche il nuovo piano

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Il primo obiettivo è riportare le merci nell’interporto.

 

Unicredit, Banca Imi e Mps hanno detto sì. Manca l’ok di Banco Popolare sulla quota di Vulcano Buono. Il nuovo ad parte dalla logistica perché il primo obiettivo è riportare le merci nell’interporto.


Il complesso mosaico per il rilancio del Cis-Interporto di Nola si sta componendo e ci sarebbe l’accordo sul debito con il pool delle banche finanziatrici. Ora manca solo l’omologa dal Tribunale di Nola. È una partita complessa che coinvolge tre realtà distinte. La prima è il Cis, che è una società per azioni in cui sono socie le 300 aziende del distretto di Nola. Interporto è invece partecipato al 62% da Cisfi, finanziaria che vede gli stessi soci di Cis (in particolare Gianni Punzo e i Cimmino di Yamamay) e per il 22% ha come azionisti (e creditori) Unicredit, Banca Imi e Mps. L’accordo prevede per il Cis la conversione a patrimonio di 149 milioni di euro dell’indebitamento bancario, che a fine 2015 era di 272 milioni. Mentre le rate sui rimanenti 123 milioni saranno riscadenzate tra 2021 e il 2027. La seconda realtà è l’Interporto Campano, l’infrastruttura logistica, il cui debito ammonta a 339,5 milioni che verranno “rischedulati” per 246,7 milioni al 2034, mentre 92,1 milioni saranno trasformati in un convertendo a scadenza 2035. La terza parte è il centro commerciale gestito dalla società Vulcano Buono, controllata dal Cisfi al 55% e al 45% da Auchan. Qui invece il debito è per la maggioranza in mano a Banco Popolare e le trattative sono ancora in corso.

 

Intanto a luglio è arrivato come nuovo ad di Cis e di Interporto Campano Sergio Iasi, un passato in Prelios e in Rai. L’uomo di fiducia degli istituti di credito. Le tessere dunque sono quasi tutte al loro posto. E sulla carta le potenzialità dell’infrastruttura ci sono. Ora bisogna vedere come Iasi disegnerà il rilancio e se i soci sapranno accettare la svolta che Iasi intende imprimere, partendo dalla cognizione che il modello originario di un polo del commercio ingrosso, con una struttura logistica collegata e un centro commerciale come sbocco retail, è un disegno riuscito solo a metà. Il piano di Iasi avrebbe al centro il rilancio dell’Interporto come infrastruttura logistica a servizio delle aziende che sono nel distretto, che nel complesso generano un fatturato di 5 miliardi e occupano 10mila persone su una superficie complessiva di circa 5 milioni di metri quadri. Uno dei maggiori deficit della gestione è stato infatti nella logistica: mancava un sistema per far sì che i container viaggiassero pieni sia in entrata che in uscita. Per riempirli bisogna attrarre aziende, grandi operatori della logistica e del trasporto mondiale. I container che arrivano nei porti di Napoli e Salerno verrebbero gestiti dall’Interporto per la distribuzione, sia per il bacino del sud Italia sia in viaggio verso l’hub di Verona. Mentre i container che restano vuoti dopo la lavorazione, verrebbero riempiti e veicolati tramite l’alta velocità verso nord. E poiché i binari ferroviari sono parte essenziale di un interporto, Iasi sarebbe in trattativa con Rfi per ottenere la disponibilità ad usare le tratte ad alta velocità durante la notte, quando il traffico passeggeri è fermo.

 

Le incognite per la realizzazione di questo disegno ci sono. La prima è la situazione non facile del Porto di Napoli. La seconda è capire se il nuovo amministratore delegato riuscirà a convincere i grandi della logistica, le multinazionali, gli operatori dello shipping a scegliere Nola. L’infrastruttura c’è, la ristrutturazione finanziaria dovrebbe essere al punto di svolta, il disegno industriale si può costruire. Tutto in un contesto imprenditoriale, economico e sociale non facile com’è quello campano. Il Cis nasce 35 anni fa da un’intuizione Gianni Punzo, commerciante di tessuti, che ha l’idea è di insediare le aziende di piazza Mercato a Napoli nell’area di Nola. Negli anni si riesce a dirottare nel distretto del Cis il 95% del commercio all’ingrosso di Napoli, circa 300 aziende si stabiliscono qui. Tra quelle ancora presenti ci sono Yamamay, Piazza Italia, Original Marins, Carpisa. Dopo 15 anni parte la progettazione dell’Interporto. Punzo promotore del progetto mette insieme i soci storici riuniti in Cis e costruisce l’interporto, per dimensione ancora oggi la seconda infrastruttura in Italia, alle spalle di Verona. Ma la crisi e l’avanzata dell’economia cinese mettono in crisi le aziende del distretto Cis. Al tempo il Cis ha avviato l’attività grazie ai finanziamenti bancari da cui sarebbe dovuto rientrare grazie ai contratti di leasing che stipulava con le imprese che si insediavano nel distretto. Ma come va in crisi il sistema del commercio all’ingrosso alcuni soci smettono di pagare. Su questa versione ci sono tesi discordanti, tanto che alcune aziende hanno fatto un esposto al Tribunale e su questi sub-mutui stanno indagando sia la procura di Napoli che quella di Nola.

 

 

Fonte: LA REPUBBLICA

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