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01 Dic 2015
Migliorare la visibilità delle scorte, ottimizzare il numero e la localizzazione degli hub distributivi, spostare i magazzini merci più vicini ai clienti. Con qualche sfumatura sono queste le misure elencate dai produttori di medical devices (ma anche di biotecnologie e farmaci) per gestire con maggior successo la catena distributiva dei prodotti, ottimizzandone i costi. Le richieste risultano da un’indagine quantitativa, giunta all’ottava edizione, denominata “Pain in the Chain” che il gruppo UPS ha condotto tra 421 dirigenti della logistica healthcare sparsi nel mondo. La ricerca è stata illustrata a Milano nel corso del seminario “Dispositivi medici e supply chain: un rapporto di valore per le strategie di impresa. Le sfide della globalizzazione e della sicurezza dei prodotti”, organizzato nei giorni scorsi da AboutPharma and Medical Devices in collaborazione con UPS.
La sicurezza del prodotto, unità alla visibilità su tutto il processo distributivo rappresenta il punto di maggior attenzione da parte dei produttori che si affidano ai partner della logistica. Spiega Cristina Carboni, Healthcare segment marketing manager di UPS Italia: “Le aziende produttrici di dispositivi e apparecchiature mediche sono leggermente indietro rispetto ad altri segmenti, relativamente a conformità e problemi di sicurezza dei prodotti che dunque si traducono in un’evidente priorità”. Non è un caso, quindi, che le sfide maggiori siano garantire: 1) la massima visibilità della supply chain (la richiede il 40% degli intervistati), limitando il numero dei passaggi e degli attori coinvolti; 2) la protezione dai furti e dai danneggiamenti (46%). Cosa faccia UPS per corrispondere alle esigenze, ricorrendo a tecnologie d’avanguardia, strategie organizzative e anche application ad uso dei clienti è stato il tema dell’intervento di Jan Denecker, Marketing director Healthcare di UPS Europe.
È un fatto che pur in un mondo globalizzato la supply chain dei dispositivi medici richieda consulenze esperte anche nelle dinamiche di mercato locali (ne ha parlato Annarita Bellarosa, a nome di PwC – Healthcare Pharmaceuticals & Life Sciences) e che l’accesso ai mercati emergenti possa essere approcciato anche con strutture snelle e un intelligente outsourcing (ha raccontato la propria esperienza Marcello Salio, Operations & Site Manager di ELITechGroup).
Opportunità da cogliere si colgono tra le pieghe del nuovo Codice doganale unionale europeo (Cdu) che ad esempio suggerisce a tutti gli attori della catena di certificarsi come operatori economici autorizzati (Aeo). I vantaggi li ha spiegati Martina Dubois, avvocato di KPMG Legal: “Le Società certificate sono riconosciute sui mercati come partner affidabili e sicuri; gli operatori Aeo godono di maggiore facilità e minore burocrazia per ottenere le semplificazioni doganali in quanto le autorità doganali non sottopongono nuovamente a esame i criteri già esaminati al momento della concessione dello status di operatore economico autorizzato; l’Aeo beneficia di un trattamento più favorevole rispetto agli altri operatori economici per quanto riguarda i controlli doganali fisici e documentali; le spedizioni Aeo selezionate per l’ispezione doganale hanno priorità sulle spedizioni non-Aeo”. Tutto ciò può ridurre del 90% i controlli in dogana – aggiunge Martina Dubois – migliorando drasticamente il time to market. Leggi tutta la notizia
Fonte: ABOUT PHARMA ONLINE