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09 Gen 2014

Bunker più verde, meno traghetti in giro

 

Si verificherà un calo di competitività dello short sea shipping a favore del trasporto via terra

 

Manca un anno all’entrata in vigore, dal 2015, delle limitazioni all’emissione di zolfo nelle aree Seca, fra cui rientrano i mari dell’Europa settentrionale. Uno studio realizzato dall’European Shortsea Network (Esn) suggerisce che questo passaggio avrà effetti negativi sull’industria dello shipping a corto raggio, con diminuzione dei traffici anche del 7% rispetto ai livelli attuali. Il problema non riguarda soltanto l’industria dell’Europa settentrionale, perché dal 2020 la limitazione verrà estesa anche al resto del mondo, compresi il mar Mediterraneo e l’Italia. Per questo, alcune associazioni europee e mondiali di settore, dagli armatori agli agenti marittimi, hanno chiesto che l’introduzione del limite venisse posticipata per consentire un adeguamento migliore alla norma da parte dell’industria marittima. L’aumento dei costi che si determinerà provocherà, secondo lo studio dell’Esn, un calo di competitività dello short sea shipping a favore del trasporto via terra, non soltanto ferroviario, ma anche gommato. Proprio il contrario di quello a cui mira la politica dei trasporti dell’Unione europea. L’appello dello shipping continentale, però, è rimasto inascoltato.

Fonasba spiega in una nota interna ai propri associati di aver aderito alla richiesta di proroga «per permettere lo sviluppo e la diffusione di nuovi carburanti e tecnologie per l’abbattimento delle emissioni». Lo studio dell’Esn si concentra in particolare sull’aumento dei costi che deriverà da questo cambiamento. Si è calcolato un aumento compreso fra il 20 e il 40%, soprattutto per cause tecnologiche. I motori a alta emissione consumano il cosiddetto heavy fuel oil (Hfo). Le alternative principali che consentono di abbattere le emissioni sono tre: utilizzo di carburante sempre di origine petrolifera, ma meno inquinante, chiamato Mgo; l’utilizzo di motori a gas naturale liquido (Lng); il montaggio di una specie di filtri chiamati scrubber, che consente di continuare a utilizzare l’Hfo, riducendone l’impatto inquinante.

Tutte e tre le scelte richiedono investimenti, con più o meno investimenti. Lo studio mostra che il 70% degli armatori che operano in area Seca nel 2015 utilizzerà soltanto l’Mgo, mentre altri diversificheranno utilizzando navi nuove a Lng (12%), navi vecchie riadattata a Lng (15%) e scrubber (18%). Il 15% sposterà proprie navi in altre aree. L’Mgo costa circa 300 euro a tonnellata più dell’Hfo. Considerando un caso medio, di una nave da 800 teu fra Rotterdam e la Norvegia con una maggiore spesa per carburante di 257 euro a tonnellata, si prevede un aumento dei costi dell’8-10% (il dato peggiora con navi più piccole). La perdita di competitività provocherà uno spostamento di merce a altre modalità con un calo del volume trasportato via mare fra il 3 e il 7%. Il gas naturale liquido è un’alternativa che richiede forti investimenti iniziali, ma anche un risparmio nei consumi. Leggi tuta la notizia

 

Fonte: THE MEDI TELEGRAPH

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