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23 Lug 2013
La designazione dei componenti dell’Autorità di regolazione dei trasporti da parte del governo avvicina finalmente il momento in cui l’Autorità, da molti invocata da diciotto anni, diverrà operativa.
Quali caratteristiche ha la neonata Autorità? Innanzitutto, in nessun paese europeo esiste un’Autorità dei trasporti come quella che sta per nascere in Italia. In Germania c’è un pezzo dell’Autorità delle reti che si occupa di ferrovie; in Gran Bretagna c’è un’Autorità per le ferrovie e una per l’aviazione civile; in Francia ci sono uffici ministeriali: uno per le ferrovie e uno per la qualità dei servizi di trasporto (tutti), ma non c’è ancora una vera e propria Autorità di regolazione. In Spagna c’è l’ufficio ministeriale per le ferrovie.
Il caso più apparentemente simile è quello della Svezia, dove però le competenze si estendono a lambire (o sostituire) quelle del ministero (programmazione delle infrastrutture, regolazione del traffico, ecc.). La straordinaria ampiezza delle competenze attribuite dalla legge all’Autorità italiana richiede, al suo interno, conoscenze tecniche alquanto diversificate e specialistiche e, a un tempo, capacità di riportare queste conoscenze a fattor comune. Serve un collegio molto autorevole. L’Autorità che emerge dalla normativa approvata in Italia si occupa di tutti i settori dei trasporti e per tutti combina (come l’ORR inglese) competenze di regolazione economica e di regolazione di sicurezza, anche se in quest’ultimo campo ha competenze “secondarie” rispetto alle agenzie all’uopo istituite (la nuova Autorità verificherà la compatibilità delle decisioni in materia di sicurezza con la regolazione economica). Si intravede una sorta di “concerto” preventivo tra agenzie e autorità, dove all’Autorità viene lasciato (almeno nelle intenzioni di chi ha scritto la norma) l’ultima parola. Ma non credo si possa escludere la nascita di qualche conflitto.
Al contrario dell’Autorità per l’energia, la nuova Autorità dei trasporti avrà molti compiti regolatori “indiretti”: l’Autorità provvede “a definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza effettivamente esistenti nei singoli mercati dei servizi dei trasporti nazionali e locali, i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni, dei pedaggi, ... a verificare la corretta applicazione da parte dei soggetti interessati dei criteri fissati”. E questo perché, per esempio, le tariffe dei trasporti locali sono definite da Regioni, Province e Comuni; quelle dei servizi nautici dalle Capitanerie di porto, ecc. L’Autorità, dunque fornisce linee guida e, dopo, controlla che siano state applicate. Il che può generare un’oscillazione tra un ruolo di ufficio studi e un ruolo semi-giudicante. A definire una corretta linea di condotta tra queste Scilla e Cariddi è chiamata la prassi che il primo collegio saprà istituire.
Analogo discorso riguarda i poteri in materia di gare per l’affidamento dei servizi locali (ferroviari o di bus). L’Autorità avrà poteri penetranti di indirizzo e di controllo (sui bandi, sulle commissioni giudicatrici, ecc.). Si tratta, nuovamente, di poteri indiretti, che richiederanno una gestione laboriosa. Resta poi un altro problema: cosa potrà fare l’Autorità quando le regioni abbiano varato norme in contrasto con la promozione e tutela della concorrenza (vedi Regione Lombardia, Regione Toscana, ecc.) e gli enti locali si comportino di conseguenza con bandi per lotti assurdamente grandi o cose simili? Forse ricorrere all’Antitrust? Discorso a parte merita la questione autostrade. Qui emerge una regolazione dicotomica. Per le vecchie concessioni rimane la norma varata nel 2008, per le nuove se ne occupa l’Autorità dei trasporti.
Fonte: CNA FITA