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28 Mag 2013
La conversione nei giorni scorsi del decreto legge 595/2012 sui porti rivoluzionerà l'economia brasiliana. Finora, con la legge 8.630 del 1993, l'iniziativa privata svolgeva un ruolo rilevante nelle sole operazioni propriamente dette, come carico, scarico e stoccaggio. Il porto era amministrato dall'Autorità portuaria che poteva offrire le aree pubbliche ai privati attraverso gare.
Sono 37 i porti pubblici brasiliani, di cui 18 gestiti dalla Compagnia Docas Federale, vincolata alla Segreteria dei Porti (Sep), 18 autorizzati, delegati o concessi alle amministrazioni dei Governi statali e municipali e uno misto, mentre sono 129 i «Terminali di uso privato» (Tup) che possono movimentare solo merci proprie.
La crescita esponenziale del mercato brasiliano, un eccessivo costo nella logistica interna per il raggiungimento dei terminali e la lentezza delle operazioni nei porti pubblici hanno determinato l'incremento dei costi finali dei prodotti in entrata e in uscita, superando, per la sola movimentazione interna al porto, i 12 dollari a tonnellata. Il doppio dei costi fissi applicati in Argentina o negli Stati Uniti.
Il decreto intende creare nuovi criteri per lo sfruttamento e l'affidamento (attraverso contratti di cessione d'uso) al l'iniziativa privata dei terminali di movimentazione di carico dentro i porti pubblici, ma anche in via autonoma, per stimolare gli investimenti e migliorare la competitività del l'economia brasiliana.
Il decreto legge, in scadenza il giorno 16 maggio, è stato convertito appena 4 ore e mezzo prima di perdere la validità, dopo più di 41 ore di dibattito in aula. Si attende ora la valutazione del presidente.
Gli elementi principali introdotti con la nuova normativa si riferiscono ai Tup. Questi non sono più obbligati a movimentare solo i propri carichi ma possono movimentare anche carichi di terzi (in via esclusiva o complementare). Servirà una autorizzazione con chiamata pubblica (ma senza alcuna gara). Vengono poi inseriti i cosiddetti «Porti-industria» o terminali industriali che possono solo movimentare carichi propri. Occorrerà un'autorizzazione governativa senza necessità di una selezione.
Rispetto alla legge del 1993, per cui vinceva la gara chi pagava di più per la concessione del servizio, oggi sarà preso in considerazione il criterio della maggior efficienza (maggior movimentazione carichi per il minor prezzo per tonnellata o nel minor tempo possibile).
Secondo uno studio del Bndes (la Banca nazionale di sviluppo) saranno necessari almeno 106 nuovi terminali entro il 2031 per affrontare le necessità di crescita che indicano una movimentazione 2,4 volte maggiore di quella attuale (903 milioni di tonnellate all'anno).
Dal punto di vista degli operatori internazionali, la nuova legislazione rappresenta una vera opportunità non essendoci alcun limite di partecipazione o assegnazione dei Terminali agli stranieri: una volta costituita una nuova società in Brasile - ancorché integralmente a capitale estero - questa potrà operare a tutti gli effetti come soggetto brasiliano.
Ma l'interesse della legge non è solo nell'ingresso di capitali internazionali nei Tup: la legge modifica gli schemi di funzionamento di tutta la catena produttiva richiedendo nuovi servizi e prodotti (come la progettazione e fornitura di macchine), nuove reti di distribuzione che avvicineranno sempre di più il far west del Paese alle coste.
La partecipazione di capitale internazionale potrà anche favorire l'export di prodotti legati alla nazione di riferimento del capitale investito. Vanno in questo senso le dichiarazioni del presidente tedesco Joachim Gauck, che nel suo recente incontro con Dilma Rousseff ha detto di attendersi dalla riforma brasiliana un'intensificazione dell'interscambio tra i due Paesi. Leggi tutta la notizia
Fonte: IL SOLE 24 ORE