30 Mar 2020
Un lavoro che può arrivare anche a 61 ore settimanali. E che costringe a dormire su un camion, mangiando spesso di fretta, quasi sempre lontani da casa per settimane, soprattutto per chi è impegnato nei viaggi internazionali. I circa 400 mila autotrasportatori che viaggiano sulle strade italiane vivono in questo modo la loro quotidianità. Ben prima dell’emergenza coronavirus.
SULLE AUTOSTRADE NON SONO VISTI DI BUON OCCHIO
Maurizio Diamante, segretario nazionale della Fit-Cisl, dice a Lettera43.it: «Oggi, di fronte alla diffusione del virus, si scopre la figura del camionista eroe, che rifornisce di beni essenziali, alimenti e farmaci. Ma solitamente sulle autostrade i conducenti non sono visti proprio di buon occhio. Mentre da un punto di vista pratico, negli anni il costo del lavoro è stato scaricato sui lavoratori».
CON LE INDENNITÀ LO STIPENDIO ARRIVA ANCHE A 2.500 EURO
Lo stipendio di un autotrasportatore parte da una cifra di poco superiore ai 1.700 euro. Ma aumenta grazie alle indennità varie, tra cui le trasferte, arrivando in media sopra tra i 2 mila e 2.200 euro. E può crescere anche ulteriormente, superando i 2.500 euro, per chi lavora lungo le tratte internazionali. Ma sulla gestione delle risorse economiche c’è un elemento ulteriore: i contributi sono calcolati sulla paga-base, ossia 1.700 euro, incidendo sulla futura pensione.
MANCANO 20 MILA CONDUCENTI: PESANO I SACRIFICI
Nonostante un salario migliore rispetto ad altre occupazioni, al momento manca forza-lavoro. Secondo le stime dei sindacati, servono circa 20 mila addetti. Il motivo è spiegato dal coordinatore Uil Trasporti, Walter Barbieri: «I sacrifici richiesti per fare l’autotrasportatore sono tanti. Perciò non è più un lavoro molto ambito. In alcuni casi si sta fuori per intere settimane, o almeno per molti giorni. In passato consentiva di avere un reddito importante, si potevano acquistare proprietà, c’erano benefici. Gli sforzi erano ben remunerati. Da anni, invece, la situazione è cambiata».
COSTI: PATENTI E CERTIFICAZIONI FINO A 4 MILA EURO
Nemmeno una campagna di comunicazione, avviata dal ministero dei Trasporti nel 2019, ha prodotto risultati significativi sull’arrivo di nuovi conducenti. La burocrazia e le spese, peraltro, non incentivano l’arruolamento di autotrasportatori giovani. Il costo per la patente varia dai 350 agli 800 euro a cui si aggiunge il conseguimento del certificato cqc, carta di qualificazione del conducente, che richiede un investimento, a carico del lavoratore, variabile dai 2 mila ai 4 mila euro. E infine ci sono gli esborsi per i corsi di aggiornamento.
MOLE DI LAVORO: FINO A 14-15 ORE AL GIORNO SUL MEZZO
Il contratto di lavoro prevede 39 ore settimanali, ma nei fatti rappresenta un minimo. La deroga consente di raggiungere le 47 ore settimanali, con un picco di 61 ore; a patto però di rientrare nella media delle 47 ore nelle settimane successive. Diamante mette in evidenza: «Questo significa trascorrere sul camion anche 14-15 ore al giorno. Tengo a precisare che non sono ore di guida giornaliera, ma si tratta del tempo passato, inclusa l’attesa del carico e dello scarico merci».
SETTORE CHIAVE: IL TRASPORTO SU STRADA PESA L’80%
Il settore dell’autotrasporto resta fondamentale per l’Italia: secondo la ricerca Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), che sarà pubblicata nelle prossime settimane e che Lettera43.it ha visionato in anteprima, «le tkm (tonnellate per chilometro, ndr) movimentate nel 2019 sono state pari a 124,9 miliardi, con una crescita del 4,4%. Se si escludono mare e aereo, il trasporto su strada in Italia pesa l’80%». Le merci, dunque, viaggiano ancora tantissimo su gomma. Certo, c’è una flessione rispetto al passato: nel 2010 il dato era di 175,8 tkm. Ma l’importanza non è intaccata.
GERMANIA LEADER IN EUROPA: POI VIENE LA POLONIA
Il dossier evidenzia anche le differenza di spostamenti a corto e a lungo raggio: «Complessivamente entro i 300 chilometri è movimentato il 53% del totale delle tkm e il 47% su distanze superiori ai 300 km (10 punti percentuali in meno della media europea)». Spiega Marisa Saglietto, responsabile dell’Area studi e statistiche dell’Anfia: «La ricerca conferma un trend sostanzialmente in linea con l’anno precedente. L’Italia è sempre tra i primi Paesi europei nel settore. In generale il dato più rilevante sul 2018, in ambito europeo, è che la Germania ha ripreso la leadership sul calcolo delle tonnellate per chilometro, scavalcando la Polonia».
LE DIFFICOLTÀ: ZERO CONTATTI E POCHE MASCHERINE
E oggi quali sono i rischi del mestiere di fronte all’emergenza sanitaria? Innanzitutto l’allungamento dei tempi da trascorrere sul camion. I conducenti, infatti, non possono scendere per evitare i contatti con le altre persone. E attendono così all’interno del veicolo. «Non possono avere servizi igienici dedicati e devono usare quelli che trovano», sottolinea Diamante della Fit-Cisl «e con le nuove disposizioni non possono entrare negli uffici per il ritiro dei documenti, allungando i tempi di lavoro. Il conducente, insomma, passa ancora di più la propria vita sul mezzo. Bisognerebbe tutelare maggiormente la salute di quelli che definiamo eroi, consegnando i dispositivi di protezione individuale, come le mascherine. Mi rendo conto che servano soprattutto a medici e infermieri, ma è un momento particolare anche per il nostro settore».
IMPATTO SULL’ALIMENTAZIONE: SOLO PANINI, NIENTE BAR PER I CAFFÈ
A risentire dell’emergenza è pure la qualità della loro alimentazione: con ristoranti e bar chiusi, spesso i conducenti devono consumare sul camion un pasto veloce, un panino, e hanno addirittura difficoltà a trovare qualcuno aperto per bere un caffè. Barbieri aggiunge: «Noi siamo tutti in attività, l’autotrasporto non si è fermato. E non parlo non solo i beni di primissima necessità: vengono consegnate merci di ogni tipo, non soltanto alimenti e farmaci».
ANCHE LE IMPRESE IN AFFANNO: NORME CAMBIATE DAL 2005
Il problema riguarda anche il lato delle aziende. Spiega Maurizio Longo, segretario di Trasportounito, organizzazione che mette insieme varie imprese: «Dal 2005 il quadro normativo è cambiato, vige la libera contrattazione tra le parti e come aziende non abbiamo reali tutele. Il codice civile prevede un contratto in forma scritta o verbale, ma non c’è l’obbligo di inserimento delle tariffe di autotrasporto».
PAGAMENTI IN RITARDO: FATTURE ANCHE A 120 GIORNI
Un nodo pesante è relativo ai tempi di pagamento. L’impresa dovrebbe essere pagata entro 60 giorni. Longo, però, racconta una realtà diversa: «Le fatture sono saldate spesso a 90 e anche a 120 giorni. Una bella differenza rispetto alla Francia, dove bisogna pagare entro 30 giorni, e chi non salda il servizio viene condannato penalmente. Il principio che seguono è logico: l’impresa, senza le risorse economiche, non può garantire una sicurezza adeguata. In Italia, invece, l’unica sanzione sui ritardi nei pagamenti è la maggiorazione del 10% dell’importo. Ma non ho notizie dell’applicazione di queste penali».
Fonte: LETTERA43