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01 Dic 2022
Più dell’ufficio di collocamento, più dei navigator del reddito di cittadinanza o di un sindacato, stavolta poté la Procura di Milano: quasi 1.500 lavoratori — emerge ora dal deposito in Procura Generale e ai difensori di una innovativa richiesta di archiviazione dell’illecito amministrativo di frode fiscale contestato a Dhl — vengono assunti dal colosso delle spedizioni (controllato dalle Poste tedesche) appunto su pungolo, e come effetto, dell’inchiesta penale che cinque mesi fa, forte di intercettazioni alla base di un sequestro di venti milioni di euro nei rapporti con un consorzio di cooperative, imputava a Dhl Supply Chain Italy di «neutralizzare il proprio cuneo fiscale mediante l’esternalizzazione della manodopera», attraverso «contratti di somministrazione illecita di manodopera fatti passare come contratti di appalto», con perdita di Iva per l’Erario e «nessuna tutela per i lavoratori costretti a passare da una coop all’altra, pena la perdita del posto».
Indagata dunque per la responsabilità amministrativa degli enti per reati commessi dai vertici nell’interesse aziendale (legge 231/2001), Dhl pareva non poter evitare un patteggiamento con sanzione pecuniaria, semmai mitigata dall’attenuante dell’aver ora sborsato al Fisco ventisette milioni di imposte integrali più dieci di sanzioni e interessi.
Ma il gruppo, seguendo la linea esplorata dai difensori Francesco Isolabella, Alessandra Mandolesi ed Enrico Maria Canzi, ha invece convertito il guaio giudiziario in occasione per rafforzare il (palesemente fallito) modello organizzativo interno anti-reati fiscali e per monitorare gli adempimenti Iva dei fornitori. Ha scelto così di «reinternalizzare» i lavoratori che tramite i fornitori gestiscono i magazzini con l’assunzione di quasi 1.500 persone costata all’impresa altri dieci milioni. Proprio questo «forte segnale, anche verso l’esterno, di voler proseguire l’attività nella piena legalità», per i pm «determina una netta cesura».
Al punto da indurre la Procura (con un atto dei due pm Giovanna Cavalleri e Paolo Storari che reca anche la firma del procuratore Marcello Viola) a chiedere per la prima volta l’archiviazione dell’illecito amministrativo di una società con l’argomento che, altrimenti, questa sanzione «si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza in materia di “ne bis in idem”»: cioè con il vivace dialogo tra le Corti (Cedu di Strasburgo, Corte Ue in Lussemburgo, Corte Costituzionale e Cassazione italiane) sviluppatosi dal 2014 sulla contemporanea punibilità di una medesima condotta sia con sanzioni penali sia con altre sanzioni formalmente amministrativa ma sostanzialmente penali in termini di unitarietà, efficacia dissuasiva, proporzionalità e prevedibilità. Leggi tutta la notizia
Fonte: CORRIERE DELLA SERA