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09 Feb 2022

Caro energia e ritardi nelle forniture: doppio colpo per l’industria

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Le aziende sono penalizzate dalla “strozzatura” della supply chain con ricadute sulla competitività.

 

Una su cento prima della pandemia, più di 17 oggi. La crescita esponenziale del numero di aziende che segnala nell’insufficienza dei materiali un ostacolo alla produzione è un segnale chiaro dei problemi attuali dell’industria, che solo nel lontano 1988 per questo indicatore aveva vissuto situazioni peggiori.

 

La corsa a doppia cifra dello scorso anno perde progressivamente vigore per la presenza concomitante di due fenomeni: da un lato la prosecuzione delle strozzature nella supply chain, elettronica e non solo, che limita la produzione pur in presenza di ordini rilevanti; dall’altro l’aumento vertiginoso dei costi dell’energia, un colpo deciso ai margini che in qualche caso arriva persino a non rendere conveniente produrre.

 

Balzo del 450% in un anno dell’energia elettrica, stima il Centro studi di Confindustria, che è tra i motivi del rallentamento recente, un calo congiunturale dello 0,7% a dicembre, quasi doppio a gennaio.

 

Quasi 1 azienda su 5 ha problemi con le consegne dall’estero


In parte - spiega l’ultima analisi di Prometeia e Intesa Sanpaolo sui settori industriali - si tratta di un rallentamento in linea con la normalizzazione della crescita mondiale, con le varianti Delta e Omicron a generare restrizioni e nuovi rallentamenti nella logistica internazionale. C’è però anche dell’altro, come segnalano all’Istat le stesse imprese, rilevando criticità sul fronte degli approvvigionamenti ma anche dei tempi di consegna all’estero. Ostacolo quest’ultimo vissuto dal 19% delle aziende, anche in questo caso per trovare valori più alti si deve tornare indietro di oltre 30 anni. E infatti, se nel settore delle macchine utensili, prima della pandemia, per passare da un ordine alla consegna bastavano in media cinque mesi, ora si è passati a nove.

 

Altro ostacolo, come detto, è legato alle quotazioni delle commodity. Se da un lato i prezzi delle materie prime non energetiche sono attesi calare dai massimi raggiunti nel 2021, pur mantenendosi su livelli medi più elevati rispetto alla fase pre-crisi, costringendo molte imprese a sacrificare i margini, dall’altro rischi geopolitici e maggiore domanda in arrivo potrebbero tenere alta la pressione sui prezzi del gas. Questo - si legge nel rapporto - potrebbe impattare maggiormente sui costi dei produttori manifatturieri italiani nei prossimi mesi, già alle prese con prezzi dell’energia strutturalmente più alti della media europea tenendo conto della quota elevata di elettricità prodotta a partire da centrali a metano (il 47,7% del totale, contro il 26,5% della Spagna, il 16,7% della Germania, dove prevale il carbone e il 6,6% della Francia, che si rifornisce soprattutto con il nucleare).

 

I rincari minacciano la competitività sui mercati


Al netto dei provvedimenti in corso di adozione, il perdurare dei rincari potrebbe inasprire le tensioni sui prezzi lungo tutte le filiere produttive, con effetti negativi sulla competitività della manifattura italiana nei mercati internazionali, oltre che sull’andamento del mercato interno. Leggi tutta la notizia

 

Fonte: IL SOLE 24 ORE

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