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20 Gen 2022
GENOVA - La tempesta perfetta da non vederne la fine. E chi si illudeva che potesse travolgere solo gli addetti ai lavori del settore logistico ha già iniziato a ricredersi. «Oggi basta ordinare un mobile per capire che non solo i prezzi stanno aumentando, ma è diventato difficile anche farsi recapitare la merce a casa – dice Silvia Moretto, presidente di Fedespedi (l’associazione degli spedizionieri italiani) e numero due di Confetra – Il sistema globale della logistica è saltato, e non sappiamo quando potrà rimettersi in sesto».
A che cosa stiamo andando incontro?
«La crisi è iniziata con la pandemia nel 2020: il Covid ha portato alla luce situazioni latenti che erano già a rischio. La sincronizzazione delle supply chain complesse, il concetto di just in time, il consolidamento di flussi molto tesi portavano con sé il rischio che il banco, al primo scossone, potesse saltare. Cosa che è puntualmente successa con la diffusione del virus. Abbiamo iniziato a capirlo nel trasporto aereo, con la messa a terra improvvisa delle flotte e l’aumento incredibile delle tariffe. Poi è arrivato lo choc del trasporto marittimo, con la ripresa dei volumi nella seconda metà del 2020 e la corsa sfrenata dei noli, anche a causa di una domanda che non è riuscita a trovare uno sfogo nell’offerta. Contemporaneamente i porti si sono congestionati, e la circolazione dei container si è bloccata. I risultati di questa tempesta perfetta li abbiamo visti tutti: i noli sono aumentati dal 300 al 700% e il servizio, in termini di puntualità, è peggiorato, crollando dall’80% al 30%».
E così le catene produttive sono entrate in crisi.
«Certo, soprattutto in Italia dove la pianificazione non è esattamente il nostro forte. Purtroppo la situazione è tutt’altro che risolta: non vediamo all’orizzonte un ritorno alla normalità. Anzi: c’è il pericolo di altri porti chiusi in Cina per contenere i contagi. Ricordo che l’anno scorso abbiamo impiegato più di un mese per recuperare gli effetti del blocco dei terminal portuali di Shenzen. E attenzione: se si ferma la Cina si ferma il mondo. Si parla tanto di reshoring, qualcuno ci sta riflettendo e altri lo hanno già fatto: ma al momento la Cina resta la fabbrica del mondo».
Lo scacchiere sul quale ci confrontiamo è radicalmente diverso rispetto a quello pre-pandemia. Per rimettere insieme questi pezzi quanto tempo servirà?
«Se mi avesse posto questa domanda l’anno scorso, avrei risposto: nel 2022. Ma l’andamento della pandemia dimostra quanto sia difficile fare previsioni. Non solo. Quest’anno toccheremo con mano, in Europa, un altro problema: la mancanzadi autisti. Se pensiamo che la gomma copre il 70% dell’export italiano in termini di volumi, possiamo immaginare i potenziali effetti della carenza di queste figure professionali».
Intanto i prezzi al consumo aumentano...
«Sì, sta già accadendo, è un fatto inevitabile. Ma l’altro fenomeno pericoloso, che per fortuna non riguarda i generi di prima necessità, è il ritardo delle consegne. Chiunque si trovi a ordinare un mobile per la casa, un’auto, o qualcosa di più complesso in termini di approvvigionamento, sta capendo che oltre all’aumento dei prezzi si sta verificando anche una netta dilatazione dei tempi di consegna».
Ci sono settori che soffrono più di altri?
«Tutto il mondo del retail soffre, ma in generale le aziende che devono sincronizzare componenti e materiali in arrivo da aree diverse».
Come si può arginare questa situazione?
«Il settore ha bisogno di semplificazioni, di riuscire a compensare l’allungamento dei tempi con una maggiore efficienza del Paese nell’effettuare le operazioni di attraversamento. A questo proposito siamo molto soddisfatti per la vittoria sul fronte dello sportello unico doganale: il decreto c’è, aspettiamo il regolamento, ma l’obiettivo è stato raggiunto. Grazie al nuovo portale, le informazioni dovranno essere inserite una volta sola e i controlli partiranno in maniera coordinata e trasparente, il tutto sotto l’egida dell’Agenzia delle dogane». Leggi tutta la notizia
Fonte: THE MEDI TELEGRAPH