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03 Giu 2021
TORINO - La decarbonizzazione o almeno la carbon neutrality è il futuro dell’economia europea e in particolare del settore della mobilità. La via principale sembra quella dell’elettrificazione almeno nel trasporto terrestre, ma quale sia il mix di tecnologie che prevarrà da qui al 2050, data fissata dall’Unione Europea per la carbon neutrality, non è stabilito a priori. Negli ultimi due anni l’utilizzo dell’idrogeno, puro o nell’ambito di vettori energetici carbon-free o carbon neutral, è ritornato prepotentemente alla ribalta, a seguito dalla constatazione che in molti settori la soluzione a batterie non è applicabile. Nella mobilità, per esempio, il trasporto pesante e a lungo raggio su strada non si presta all’elettrico a batteria per i tempi di ricarica e la penalizzazione della frazione di carico utile. Lo stesso avviene nel trasporto navale (in aeronautica la questione è ancora più complessa). Nel luglio del 2020 è così scoccata per l’Europa l’ora dell’idrogeno, pilastro della Next Generation Europe. A Next Generation Mobility Marcello Baricco, professore dell’Università di Torino, ha tratteggiato i punti principali della strategia europea, che mira entro il 2030 a produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde con l’installazione di elettrolizzatori alimentate da elettricità da fonte rinnovabile per una potenza di 40 Gwatt. Le risorse dedicate sono importanti. Solo nell’ambito del prossimo budget pluriennale la parte dedicata all’idrogeno come capitolo investimenti è di circa un miliardo di euro. C’è poi il capitolo Recovery Fund.
Marcello Capra, Delegato SET Plan del MITE, ha spiegato che gli investimenti relativi all’idrogeno nel PNRR ammontano a 3.640 milioni. La mobilità nel breve termine è prioritaria, con 530 milioni per il segmento di utilizzo di questo tipo, di cui 230 milioni per la realizzazione di stazioni di servizio a 700 bar in almeno 40 esemplari concentrati sulle direttrici del Brennero, quella trasversale To-Ts, e nei tratti transfrontalieri (Monte Bianco e Gottardo). L’obiettivo è raggiungere entro il 2030 una penetrazione del 5.7% dell’idrogeno nel settore dei trasporti su gomma a lungo raggio. Altri 300 milioni di euro andrebbero alla sostituzione dei locomotori diesel con macchine a celle a combustibile in alcune tratte non elettrificate della rete ferroviaria italiana, che oggi sono il 10% del totale. Altre risorse si trovano quadro dei programmi di ricerca EU (300 milioni in tre anni). Le università e le aziende si stanno mobilitando. Jonathan Donadonibus, di The European House –Ambrosetti, appoggiandosi al recente studio della consultancy sulla filiera italiana dell’idrogeno, ha proiettato ottimismo: in tutti e quattro i segmenti cruciali la filiera italiana è nelle posizioni leader in Europa, anche a seguito del grande sviluppo industriale della gestione del gas naturale nel nostro tessuto economico. Questo può far sì che nel 2030 il PIL aggiuntivo legato all’idrogeno nel nostro settore industriale possa arrivare a 4,5-7,5 miliardi di euro.
Non stupisce quindi che diversi territori si candidino come ospiti di distretti dell’idrogeno. Quello piemontese è in prima linea, come hanno spiegato Matteo Marnati, Assessore all'Ambiente della Regione Piemonte, Marco Pironti, Assessore all'Innovazione, Smart City e Sistemi ICT della Città di Torino, e Davide Damosso, Direttore Operativo dell’Environment Park – Parco Tecnologico per l’Ambiente, che ha illustrato la presenza delle competenze relative a Idrogeno e fuel cell nel tessuto industriale piemontese.
Anche le singole aziende sono ormai pronte ad accettare la sfida. Bosch, come ha spiegato Carlo Mannu a Next Generation Mobility, sta lavorando sia sull’idrogeno che su un’altra forma di utilizzo d’elettricità gli e-fuel, ossia i carburanti di sintesi prodotti con fonti rinnovabili. Punch Torino, la ex GM Powertrain oggi di proprietà belga, sta lavorando su tre fronti, produzione, logistica e utilizzo per la mobilità anche, come ha rivelato Vincenzo Verdino, capo della unit dedicata, in ambito navale, uno dei settori dove i vettori energetici a base di idrogeno hanno un futuro assicurato. Iveco Bus vede l’elettrico a idrogeno come la prossima tappa della decarbonizzazione dei trasporti collettivi su gomma, grazie alle sue caratteristiche di brevi tempi di “pieno” e grande autonomia. L’azienda, ha spiegato Marco Zanchetta, product manager, sta comunque iniziando a sviluppare la sua soluzione di bus a celle a combustibile in ambito urbano, in attesa che i costi permettano l’estensione al mercato, più naturale, dei bus di linea e turistici. Toyota, pioniere della mobilità ad idrogeno, contro tutto e tutti, in certi momenti, prosegue sulla propria strada e sta realizzando un’intera città, Woven City, la cui energia e mobilità sarà totalmente a zero emissioni.
Una rappresentazione molto completa di quello che sta avvenendo nel settore quella tenutasi a Torino, con alcuni spunti raramente sottolineati. Uno per tutti, l’osservazione fatta da Marco Levi, uno dei pionieri del settore in Italia, consulente ed imprenditore, sul carattere cogenerativo delle celle a combustibile, che producono in modo integrato elettricità e calore. Questa caratteristica ne fa un candidato ideale all’applicazione dei principi di efficienza e di gestione energetica dei veicoli che ancora oggi, dopo 200 anni di mobilità meccanica, sembrano non essere entrati nel modo di concepire gli strumenti per spostarsi. Si punta all’energia meccanica, e si considera il calore come qualcosa di cui liberarsi. Se invece si considerassero tutte le forme in cui un veicolo produce energia si potrebbe, per esempio, utilizzare il calore per il riscaldamento ma anche per il raffrescamento. E stupisce che i progettisti di veicoli elettrici a batteria, che ne avrebbero bisogno più di altri, ancora non si siano impadroniti del concetto.
L’edizione 2022 di Next Generation Mobility si svolgerà a Torino nella primavera del prossimo anno.
Le registrazioni delle dirette sono già disponibili nell'area #REPLAY del sito: www.ngmobility.it/accesso-area-replay/