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31 Mar 2021

I porti italiani fanno causa a Bruxelles

PORTI_ITALIANI_RICORSO_BRUXELLES

 

Presentato il ricorso delle 16 Autorità Portuali contro la Decisione della Commissione di tassarle.

 

I porti italiani fanno causa alla Commissione Europea. È stato depositato il ricorso delle sedici Autorità di Sistema portuale (AdSP) al Tribunale dell’Ue contro la decisione degli uffici dell’Antitrust guidati dalla danese Margrethe Vestager di tassare gli scali italiani. Il 4 dicembre scorso, infatti, Bruxelles ha dato due mesi al Governo per abolire l’esenzione fiscale prevista dalle leggi nazionali per le Autorità portuali, obbligandole ad applicare l’Ires (l’imposta sui redditi delle società) a se stesse. La questione è da tempo al centro di una disputa tra la Commissione e l’Italia non solo per le implicazioni di natura economica ma anche strategica perché può potenzialmente rivoluzionare l’impianto normativo dei porti e aprire la strada ai privati nel management delle infrastrutture più strategiche (54 porti di rilevanza nazionale) per un Paese con circa ottomila chilometri di costa, secondo in Ue solo alla Grecia. L’ex ministra ai Trasporti Paola De Micheli aveva promesso un ricorso da parte del suo dicastero contro il diktat Ue ma poi ha lasciato scadere i termini senza presentarlo. Le autorità portuali, che avevano fino al 5 aprile di tempo, lo hanno appena fatto.

 

Il ricorso, di cui l’HuffPost è entrato in possesso, chiede al Tribunale Ue di annullare la decisione della Commissione e condannarla al pagamento delle spese. Come si legge nelle 52 pagine, le autorità rivendicano il ruolo che la legge attribuisce loro, cioè quello di enti pubblici non economici, diretta emanazione dello Stato, per cui non tenuti al pagamento delle tasse. Le prerogative attribuite alle AdSP dalla legge, si legge, sono “le medesime riconosciute alle altre entità territoriali o infrastatali come le Regioni e i Comuni”. D’altronde, i porti sono sottoposti “all’indirizzo e alla vigilanza del MiT”, il “rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei Conti”.

 

Secondo gli avvocati estensori del ricorso (Francesco Munari, Stefano Zunarelli, Gian Michele Roberti, Isabella Perego) gli uffici della Vestager hanno omesso di dare conto, nella decisione di dicembre, di un aspetto sostanziale per delineare la natura infrastatale dei porti: ovvero il regime giuridico dei beni, che è di tipo “demaniale” e pertanto li sottrae “in assoluto alla proprietà privata e possono appartenere solo allo Stato o Regioni”. Non c’è quindi, nella gestione delle autorità, la ricerca del profitto tipico delle attività economiche private o imprese, come vorrebbe definirle Bruxelles per poi tassarle; anzi, le concessioni sono affidate a chi si propone di “rispondere ad un più rilevante interesse pubblico”, ricordano le sedici autorità portuali. I canoni che vengono versati alle AdSP “non sono frutto di negoziazione” ma sono stabiliti dalla legge, pertanto la scelta del concessionario ”è svincolata dall’ammontare del canone” che si è disposti a pagare, anche se più alto rispetto a quello degli aspiranti concessionari concorrenti.

 

Né i porti possono giocare sul costo delle concessioni per attirare più clienti sottraendoli così ad altri porti Ue. Secondo Bruxelles, il canone è alla pari di una locazione, per cui deve essere soggetto a tassazione. Per le leggi italiane invece non si tratta di una “remunerazione di un servizio” ma piuttosto di una “riscossione di una tassa pagata dal concessionario allo Stato e incassata dalle Autorità portuali”. Per questi motivi non si possono pagare tasse su altre tasse, sarebbe un cortocircuito logico, oltreché contabile. A maggior ragione, i canoni pagati dai concessionari non sono soggetti a Iva, proprio perché “l’occupazione del demanio non costituisce un servizio che le AdSP offrono sul mercato”. Anzi, vanno applicati gli stessi principi che valgono ad esempio per i Comuni per l’occupazione del suolo pubblico: il privato che vuole usufruirne paga una “tassa” al Comune su sua diretta concessione, non locazione. Queste interpretazioni sono state condivide anche dai massimi tribunali della giurisprudenza italiana, a partire dal Consiglio di Stato e Corte di Cassazione. 

 

Secondo i porti italiani la Decisione Ue “confonde pertanto la nozione di ‘proprietà pubblica’ con quella dell’appartenenza organica e funzionale alla Pubblica Amministrazione e allo Stato”, si legge ancora. D’altro canto, “le AdSP sono soggetti che non possono fallire”, esclusi dall’applicazione della legge fallimentare, e “la loro esposizione debitoria è debito dello Stato”, per questo “perseguono la parità di bilancio nell’ottica di salvaguardia dei conti pubblici di cui al Patto di Stabilità”. Leggi tutta la notizia

 

Fonte: HUFFPOST

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