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03 Ago 2020
Li chiamano “porti secchi”, perché hanno le banchine sulla terra, e non sul mare. Sono dei veri e propri terminali distesi su milioni di mq, disseminati fuori dai centri urbani, da dove passa tutta la merce che entra ed esce dal nostro Paese. I “porti secchi” sono gli interporti italiani, poco considerati in Italia, almeno fino all’avvento del Covid, di sicuro più apprezzati all’estero. Sei di loro, sono stati inseriti nella Top 20 della speciale classifica Ue degli interporti, redatta ogni 5 anni dall'associazione europea delle piattaforme logistiche (Europlatform), partner della tedesca Deutsche GVZ Gesellschaft (DGG). Sul podio, al secondo posto, c’è l’Interporto Quadrante Europa di Verona, già numero in Italia per traffico, che dista solo un punto dal diretto concorrente di Brema (361 contro 362 su 400).
"Dopo essere stato per 10 anni al primo posto nelle due precedenti classifiche tra gli interporti europei, l’interporto di Verona si è confermato al pari di quello di Brema leader fra le infrastrutture logistiche intermodali europee, un modello a cui guardano con attenzione anche gli altri Paesi”, premette Matteo Gasparato, presidente del Consorzio Zai, l’ente di gestione dell’interporto e delle sue società controllate. Tra i punti di forza del Quadrante Europa: 13 mila lavoratori (diretti e indiretti), contro la media di circa 4 mila unità di cui sono costituite le 100 società selezionate su un campione iniziale di 300 e giudicate con 38 criteri di valutazione, tra cui: capacità terminalistica (movimentazione di container, casse mobili e semirimorchi), ICT, espansione in ettari, capacità di stoccaggio e molti altri ancora.
Nell’area del Quadrante Europa, operano oltre 140 aziende di logistica e di trasporto, che utilizzano l’interporto veronese come crocevia per il Nord-Europa: più dell'80% dei traffici proviene e riparte per quel mercato, transitando per il valico del Brennero. “Ancora oggi, nonostante la distanza, la merce spesso viaggia verso il porto di Rotterdam e gli scali più importanti del Nord Europa che sono obiettivamente più attrezzati dei nostri. Il 50% delle aziende che operano con il nostro interporto passa da Verona perché poi si serve dei porti nord-europei”, ammette Gasparato.
Dal Quadrante Europa sono transitate lo scorso anno circa 28 milioni di tonnellate di merci, di cui ben 8 milioni via treno, una media di 53 al giorno, la maggior parte dei quali intermodali. “Il traffico combinato rappresenta il nostro core business, insieme all’alta specializzazione di questa tipologia di traffico ferroviario delle merci. Questo valore lo scorso anno è rappresentato dal record storico assoluto di oltre 14.100 treni. E’ chiaro che il 2020 non potrà essere come il 2019, perché pesano i primi sei mesi e il crollo del traffico automotive. Vediamo che cosa accade nel secondo semestre”, sottolinea il presidente.
L’obiettivo è di riuscire a crescere del 40-50% nei prossimi anni: “Succederà quando sfrutteremo il famoso quarto modulo ferroviario, l’opera è entrata nel piano d’investimento di RFI e ora attendiamo di partire. Nel frattempo, stiamo sviluppando l’area della Marangona, da 1,5 milioni di mq, dove sposteremo una serie di servizi, aziende logistiche, settori e merceologie, che oggi occupano il cuore del Quadrante Europa per poter trovare spazi alternativi. Spazi, ad esempio, dove parcheggiare i container”, dice Gasparato.
In prospettiva, la scommessa del Quadrante Europa è di diventare l’anello di congiunzione dei più importanti porti italiani: “Stiamo ragionando su quali sinergie stringere con porti, armatori, operatori ferroviari e tutti i soggetti della filiera per capire meglio come muoverci”, rivela il presidente. Quali porti? “Civitavecchia, campani, pugliesi, toscani e liguri. Paradossalmente, con Venezia e Trieste è più difficile perché ci sono rotture di carico che sono anti-economiche”, risponde.
Il futuro del Quadrante Europa, e di tutti i 23 interporti italiani riuniti sotto Uir, di cui Gasparato è presidente, dipenderà molto anche dall’inquadramento giuridico che la nuova legge di riforma assegnerà ai “porti secchi”. “Martedì 4 agosto ricorre il 30esimo anniversario della 240/90, l’unica norma fino ad oggi dedicata al settore. Un provvedimento lungimirante. Se la nuova legge riuscisse a concepire gli interporti in sinergia con la rete logistica nazionale credo che la metà dei nostri problemi sarebbe risolto. L’altra metà dipende dalla burocrazia”, aggiunge. Leggi tutta la notizia
Fonte: LA REPUBBLICA