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03 Mar 2020

La Ministra De Micheli chiede tempo al settore della logistica, tre ore di confronto

INCONTRO_MIT_ASSOCIAZIONI

 

Associazioni convocate al Mit dopo il caos della filiera per il coronavirus.

 

“Tre ore di chiacchiere e zero soluzioni”. All’uscita dall’incontro con la Ministra ai Trasporti Paola De Micheli, la delusione aleggia tra chi si aspettava da subito risposte operative ai problemi posti da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus. Risposte che non sono arrivate. A Porta Pia sono state convocate le imprese della logistica e dei trasporti, uno dei settori maggiormente colpiti dall’impatto dell’epidemia e osservatore inerme di un allarmante rallentamento che senza rapide contromisure promette di trasformarsi in paralisi: operazioni doganali a rilento, trasportatori bloccati in quarantena, linee cargo chiuse, ritardi pesanti nelle spedizioni, pratiche ingolfate che continuano a sovrapporsi.

 

Ai presenti, tra cui Confindustria, Confcommercio, Assoporti, Confetra, Confartigianato, la ministra De Micheli ha annunciato alcune misure e ne ha promesse delle altre. Le associazioni di categoria sono state invitate ad avanzare le loro proposte nelle prossime 36 ore che saranno prima filtrate e poi portate sul tavolo del Consiglio dei ministri di mercoledì. Almeno questa sembra l’idea. Tuttavia, seppur richiesta, nessuna indicazione è stata data a chi chiedeva misure quantomeno palliative già pronte all’uso: “Più che misure economiche, l’incontro di oggi doveva fornire risposte operative per un settore allo sbando”, racconta chi era presente. “Serviva da subito un dispositivo unitario per i lavoratori, visto che stiamo assistendo a un crescente assenteismo, soprattutto nelle aree vicine alle zone rosse del lodigiano e del piacentino, tra i due maggiori hub logistici del Paese, o ad autotrasportatori bloccati in quarantena. Facchini e magazzinieri non si presentano al lavoro per evitare concentrazioni di persone”. È chiaro che se si bloccano i magazzini, si blocca tutta la filiera, dallo stoccaggio alla consegna.

 

Secondo il segretario generale di Conftrasporto Pasquale Russo “dire che quei depositi stanno lavorando a ranghi ridotti è un eufemismo: il tasso di assenteismo stimato è del 30-40%”. Dal momento che ogni anello della catena si muove in una caotica autonomia di fronte alle incertezze generate dall’epidemia e dalla psicosi, Confetra aveva chiesto al Mit una task force e un coordinamento centrale da parte del Governo con indicazioni omogenee per tutti i soggetti coinvolti, ma il ministero ha chiesto altri giorni di tempo parlando di un confronto ancora in corso con il Ministero della Salute.

 

“Siamo il settore che, almeno nell’immediato, più sta subendo i contraccolpi dell’emergenza Coronavirus”, ha detto Guido Nicolini, il presidente di Confetra. “Abbiamo rappresentato alla Ministra Paola De Micheli il totale caos nel quale siamo vivendo”. Anche sul fronte dei controlli sanitari nei porti e negli aeroporti non sono state date indicazioni per il momento: secondo le stime delle associazioni il 60% del personale Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) addetto alle merci è stato dirottato ai controlli sulle persone. Ciò sta comportando enormi ritardo e aumenti dei costi per le attività del settore: nel porto di Genova, ad esempio, se prima il tempo medio di evasione per i nulla osta sanitari era di due giorni, attualmente è di otto. Tradotto in moneta sonante, il costo è di 100mila euro in più per i costi di gestione delle pratiche in attesa all’ombra della Lanterna. Assoporti, l’associazione delle Autorità di Sistema portuale, chiede al più presto un incremento del personale sanitario. Il rischio, come denunciato nei giorni scorsi dal direttore generale di Fedespedi Genova Giampaolo Botta, è quello degli scaffali vuoti. Secondo Confrasporto, calo e rallentamento dei traffici potrebbero impattare anche sulle finanze dello Stato poiché i porti italiani potrebbero essere sostituiti con quelli esteri, con un conseguente mancato incasso dei dazi. “Considerato che questi ammontano a 13 miliardi di euro all’anno, se anche solo il 10% delle navi venisse ‘dirottato’ in scali diversi dai nostri la perdita sarebbe di un miliardo e 300mila euro”.

 

“L’incontro di oggi non è stato per nulla risolutivo, molte parole ma zero soluzioni”, racconta uno dei presenti: “Non servivano ora promesse sulla cassa integrazione in un settore che vede molte aziende dei trasporti escluse da questo tipo di ammortizzatore; né di ristoro economico ex post sui fatturati come per le aree colpite dal terremoto. Ora ci vogliono indicazioni chiare e misure ad hoc sull’operatività di tutta una filiera dalla quale dipende tutto il Paese: non ci sono state”. A partire da una maggiore certezza del transito dei mezzi pesanti, spesso bloccati e messi in “quarantena” oppure ritardati da richieste di certificazioni non previste dalle norme in vigore e “chiarimenti” sugli spostamenti pregressi dei singoli autisti. È poi notizia di oggi che undici coppie di treni merci in transito tra il lodigiano e il piacentino sono state cassate: “Bisogna fare presto”.

 

Il parere delle Associazioni:

Confetra

Conftrasporto  - Confcommercio

Confartigianato Trasporti

CNA Fita

 

 

Fonte: HUFFPOST

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