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26 Lug 2019
Genova - Assorbito il colpo della chiusura della ferrovia a Rastatt, che ha strozzato i traffici verso il Nord Europa nella seconda metà del 2017, i traffici dell’interporto Cim di Novara hanno ripreso a crescere, +10 per cento nel primo semestre del 2019. Ma la novità principale di quest’anno, per Cim, è stato il cambio della composizione societaria. Usciti i soggetti pubblici (Comune e Provincia di Novara, Finpiemonte, SiTo), il nuovo assetto ha visto l’ingresso come socio di maggioranza dell’operatore ferroviario elvetico Hupac, che si è affiancato al gruppo Gavio.
Il passaggio non è stato privo di drammaticità, come ricorda Rino Canavese, da circa un mese presidente di Cim. «A fronte della scelta delle amministrazioni pubbliche - afferma Canavese - Cim si è trovato in una situazione non facile. Nel caso di Comune e Provincia, l’uscita comprendeva il diritto di recesso, cioè l’obbligo da parte di Cim di acquisire le quote. Con lo sviluppo successivo le quote sono state messe sul mercato ed è emerso l’interesse di Hupac che ha acquisito oltre il 60 per cento della società (in precedenza deteneva il 3,64 per cento, ndr). E’ stata un’operazione che ha dato tranquillità e continuità a Cim, una sigla dietro la quale ci sono persone che lavorano. La logica che ha spinto Hupac a investire è che era già in precedenza il primo operatore dell’interporto, con l’80 per cento dei volumi».
Cim è uno dei maggiori interporti italiani. Fa parte di una rete di interporti che dovrebbe rappresentare la retroportualità degli scali del nostro paese e invece è maggiormente orientata verso l’Europa settentrionale. La connettività con le banchine nazionali è ancora ridotta. «Per la retroportualità, a parte Melzo, che è gestito da una realtà presente nel mondo marittimo (Contship Italia, ndr), non ci sono quasi volumi dai porti liguri. Per Cim l’unico collegamento con un porto italiano è un treno giornaliero per Trieste. Una delle opportunità che offre l’ingresso di Hupac come socio di maggioranza di Cim è la possibilità di rendere più sensibile la società elvetica al tema del marittimo, avvicinandola a questo settore».
Gli operatori elvetici sono ancora diffidenti nei confronti dei porti italiani. In parte questo è dovuto a esperienze negative riferite a un lontano passato, in parte invece ai costi non competitivi per quanto riguarda i servizi ferroviari. Secondo Canavese, che è stato presidente dell’Autorità portuale di Savona e ha investito molto nello sviluppo ferroviario dello scalo acquistando anche locomotori per la trazione, operatori come Hupac «non hanno avuto una buona esperienza dei porti italiani». Il problema è che sulle banchine italiane «impera l’autotrasporto e non c’è una cultura del trasporto intermodale». Ma le cose possono cambiare, partendo proprio dal passo compiuto da Hupac a Novara. Per Canavese si tratta di un’opportunità da non perdere.
«Per la nostra portualità - spiega - può essere un’occasione. Intanto, il ruolo di Hupac significa che non stiamo più parlando soltanto di Cim e di Novara, perchè ci sono connessioni evidenti con il terminal di Hupac a Busto Arsizio, l’inland terminal italiano che movimenta più treni al giorno. Si crea una bella sinergia che può portare risultati interessanti per la parte marittima». Che cosa manca? «I porti - risponde Canavese - devono avere più massa critica da mettere sul mercato ferroviario. Con l’apertura del terminal container del porto di Vado Ligure, questa massa ci sarà e le potenzialità dei porti liguri di raggiungere mercati oltrefrontiera via treno miglioreranno». Leggi tutta la notizia
Fonte: THE MEDI TELEGRAPH