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24 Mag 2019
A soli tre giorni dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento dell'Unione Europea, in un momento in cui l'UE - come mai nella sua giovane storia - è minacciata dalle spinte sovraniste che agitano molti Stati comunitari il cui principale obiettivo al di fuori dei rispettivi confini nazionali sembra unicamente essere quello di smantellare il sistema federale faticosamente costruito dopo il secondo conflitto mondiale e di riportare le lancette dell'orologio indietro di settant'anni, era del tutto improbabile che l'associazione dei porti europei, oggi riunita in conclave annuale a Livorno, affrontasse le problematicità che caratterizzano i diversi sistemi portuali europei, criticità che in tempi assai migliori sono state affrontate con fatica e quasi senza esito in seno all'European Sea Ports Organisation (ESPO).
Così anche oggi l'associazione ha fatto di tutto per non esaltare le differenze, ma semmai per valorizzare il ruolo dell'industria dei porti al di là delle divergenze che oppongono i diversi assetti dei sistemi portuali del continente. Un'industria che ESPO ha sottolineato essere uno dei principali motori dell'economia europea. Un ruolo a tutto campo che va al di là dei limiti del demanio portuale, come ha puntualizzato il presidente dell'associazione: «per noi - ha spiegato Eamonn O'Reilly, che è amministratore delegato della Dublin Port Company - i giorni in cui l'Autorità Portuale agiva semplicemente da sovrintendente sono finiti. I porti - ha precisato - devono impegnarsi con industrie e operatori che lavorano con i porti per influire e governare gli enormi cambiamenti che si verificheranno: cambiamenti climatici, sostenibilità, digitalizzazione e volatilità dei commerci mondiali nonché scenario geopolitico. Siamo - ha concluso O'Reilly - molto favorevoli a qualsiasi politica che consenta ai porti di svilupparsi ulteriormente e a contribuire a rispondere alle sfide di oggi».
Il presidente irlandese di ESPO parla di «qualsiasi politica» e infatti nel memorandum che oggi l'associazione ha presentato in vista delle elezioni europee non si specifica affatto quale sia per ESPO la politica migliore per i porti. Si precisa solo una cosa: «il memorandum - ha confermato Isabelle Ryckbost, segretario generale dell'associazione - spiega come i porti possono contribuire alla competitività dell'Europa. È - ha aggiunto la Ryckbost - più di una semplice lista della spesa di ciò che l'Europea deve o meno fare per i porti europei».
Però ESPO, forse non potendo delineare precise politiche in tema di portualità sia per le irrisolte divergenze interne sia per la frenata posta dall'imminente cruciale tornata elettorale, se non parla direttamente di spese, parla di investimenti, che sono la stessa cosa se non per il risultato prodotto. Risultato che ESPO assicura essere assolutamente proficuo se il denaro viene impiegato per favorire lo sviluppo dei porti. Uno sviluppo che però i porti stessi vogliono poter direttamente favorire: da qui la richiesta dell'associazione di una maggiore autonomia finanziaria dei porti.
Ma ESPO ha evidenziato anche l'importanza della concreta diretta assistenza finanziaria dell'UE al settore dei trasporti, rimarcando la necessità di garantire fondi consistenti al programma CEF (Meccanismo per Collegare l'Europa) al fine di completare la rete infrastrutturale TEN-T e assicurare la digitalizzazione e la decarbonizzazione del settore del trasporto. Un sostegno che, per quanto riguarda i porti, secondo ESPO dovrebbe però essere più sostanzioso: «i porti - chiarisce ESPO nel suo memorandum - meritano più della quota del 4% del bilancio CEF».
In generale il documento dell'associazione dei porti europei appare essere un appello rivolto ai prossimi eurodeputati e alla prossima Commissione Europea a promuovere la crescita del ruolo dei porti quale volano dell'economia dell'UE. A elezioni concluse è auspicabile che ESPO riprenda anche il cammino lungo la difficile strada di una maggiore armonizzazione dell'intero sistema portuale europeo. Se ciò avverrà, vorrà dire che nazionalismi e localismi non saranno riusciti a fare a pezzi il più importante progetto politico europeo del secondo dopoguerra.
Fonte: INFORMARE