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15 Feb 2019
“L’analisi costi-benefici del governo è un documento omertoso perché dà numeri ma non spiega il metodo attraverso il quale si è arrivati a quella cifra” ed è condito da “errori macroscopici”. Pezzo per pezzo il commissario di governo per la Torino-Lione Paolo Foietta, nel suo ultimo giorno di mandato, smonta le ottanta pagine dello studio condotto dal professor Marco Ponti, in cui si evidenzia uno sbilancio tra costi e benefici addirittura tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. Foietta ha parlato di un documento “strano in cui i numeri non tornano” e in cui sono evidenti “errori macroscopici”. Di qui la decisione di rendere pubblica la “lettura critica” di quell’analisi che sarà anche messa a disposizione del governo e della struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture. “Ribadisco la mia piena disponibilità, anche dopo la fine del mio mandato, al confronto e alla discussione di merito su tutti gli argomenti trattati” ha detto Foietta. La presentazione dello studio del commissario di governo arriva nel giorno in cui le 33 associazioni del mondo economico, del lavoro e delle professioni che avevano sottoscritto il manifesto a favore della Tav sono tornate a incontrarsi annunciando per il 9 marzo un vertice con i parlamentari ed eurodeputati europei del collegio Nord-Ovest.
Foietta torna su una delle tante fagge del ministro Danilo Toninelli ("chi se ne frega di andare a Lione") e affonda: “Dovrebbe ripassare la geografia e viaggiare un po’ di più aggiunge Foietta -. Dire che andare a Lione è inutile è come dire che nessuno da Milano va a Rogoredo, peccato che tutti i treni per Roma passano da Rogoredo”. “Tutte le merci che valgono in termini di interscambio economico 205 miliardi di euro all’anno - spiega Foietta - passano da Lione e passeranno da Lione. Oggi passano per Ventimiglia ma sappiamo tutti che è un valico con un mare di problemi e soprattutto che i francesi avrebbero idee diverse di come utilizzare la Costa Azzurra. Andare a Lione vuol dire andare a Parigi, Bruxelles, Londra Barcellona. Toninelli si documenti”.
Nel contro-dossier il numero uno dell’Osservatorio parte da un assunto, meglio dall’obiettivo principe alla base di questo progetto. E cioè di trasferire quote rilevanti del trasporto merci e passeggeri dalla gomma al ferro. Complessivamente, oggi, sui valichi dell’Arco Alpino Occidentale transitano circa 3,5 milioni di veicoli pesanti ogni anno (12mila al giorno). “L’obiettivo di togliere 6mila tir al giorno dalle autostrade piemontesi e liguri è un risultato eccezionale – si legge nel documento –. Equivale in modo figurato ad una fila giornaliera di tir lunga 300 chilometri.
Il costo dell’investimento
Ma veniamo alle “falle” dell’analisi costi-benefici di Ponti, a partire dal costo complessivo dell’investimento. Il dato di 12.927,4 milioni indicato nell’Acb commissionata dal ministro Danilo Toninelli “è errato” secondo Foietta, giacché è stato mal calcolato il costo della tratta transfrontaliera che non è di 9,63 miliardi, come valutato nell’analisi costi-benefici, ma di 8,79 miliardi con un costo complessivo dunque sovrastimato di 837 milioni. L’errore sarebbe di rivalutazione rispetto alla stima del 2012 di 8,6 miliardi. Inoltre, si legge nel documento redatto da Foietta “il costo della tratta nazionale” esposto nell’Acb “comprende anche la riqualificazione e il potenziamento dello scalo di Orbassano, per un costo stimato di circa 200 milioni di euro” ma “quest’opera non fa parte della Torino-Lione e deve essere considerata a tutti gli effetti un’opera non compresa nel conteggio dei costi”. Tutto ciò considerato “Il costo di investimento complessivo è quindi 10.493 milioni anziché 11.530,4 milioni: una sovrastima di 1.037 milioni, pari al 10%. Il costo di investimento di competenza italiana è di 5.082 milioni; la restante parte (5.411 milioni) è pagata da Francia ed Unione Europea”. Dei 20 miliardi di cui parla da mesi Toninelli non vi è traccia.
Vita utile dell’investimento
Un altro passaggio da confutare dell’analisi costi-benefici di Ponti è nella “speranza di vita” di un’opera così mastodontica. Secondo il professore No Tav questa è stimata in 60 anni, “un’assunzione – secondo Foietta – non motivata e che contrasta con ogni senso comune. Rete Ferroviaria Italiana e Telt sono concordi nel valutare in 120 anni la durata del manufatto: tale valore va adottato oppure contestato in maniera documentata”. A rigor di logica risulta curioso che a considerare vetusta dopo soli 60 anni di vita un’opera tanto ambiziosa siano gli stessi per i quali il traforo del Frejus del 1861 (che la Tav vorrebbe mandare in pensione) è ancora attuale e quella tratta necessiterebbe solo di un maquillage per continuare a fare il proprio mestiere.
Sottostima dei fruitori
Nella “lettura critica” dell’analisi costi-benefici viene inoltre evidenziata una sottostima degli scenari di traffico e di passeggeri che utilizzerebbero quella tratta, riducendo quindi i benefici della sua realizzazione. “Senza l’utilizzo di alcun modello e senza riferimenti di nessun genere a situazioni analoghe, come ad esempio lo sviluppo dell’alta velocità in Italia e Francia, si formula l’ipotesi che nel 2059 utilizzeranno servizi di lunga percorrenza 1,6 milioni di passeggeri. Invece, i lavori dell’Osservatorio sintetizzati nel Quaderno 11 hanno dedicato uno specifico approfondimento al traffico passeggeri, confrontando tempi di percorrenza attuali e futuri ed estendendo l’analisi non solo al collegamento Torino-Lione, ma più in generale ai collegamenti tra alcune importanti destinazione europee. Anche in questo caso la stima prodotta dall’Osservatorio di 4,5 milioni di passeggeri non è stata presa in considerazione e neppure confutata; le percorrenze medie per gli spostamenti provenienti dal modo stradale sono state calcolate in 500 km, assunzione che sottostima il trasferimento modale (per esempio Milano-Parigi 850 km che verrebbero percorsi in 4 ore e 31 minuti)”.
Accise e Pedaggi
Infine l’annosa questione dei mancati introiti per accise e pedaggi. E qui si innesta un curioso cortocircuito. Fermo restando, infatti, che l’obiettivo dichiarato da chi realizza l’opera è di ridurre il traffico sulla gomma e incrementare quello su ferro, per diminuire l’impatto ambientale del trasferimento delle merci e delle persone, è evidente che se s’inserisce tra i costi i mancati introiti derivanti dalle accise della benzina e dei pedaggi autostradali accade che “quanto più il progetto raggiunge l’obiettivo per il quale è stato proposto, di trasferire traffico dalla strada alla ferrovia” tanto più verrà considerato economicamente insostenibile.
Fonte: LO SPIFFERO