Cerca Aziende di:
24 Gen 2019
L’Italia non intende darla vinta a Bruxelles in materia di aiuti di Stato e tassazione cui dovrebbero essere sottoposte le port authority per l’attività economia svolta.
Dopo la conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale che si è tenuta ieri a Roma, il Ministero dei trasporti ha diramato una nota nella quale in estrema sintesi vene detto che “appositi tavoli tecnici” si riuniranno già a breve per studiare “possibili azioni di semplificazione normativa” e per affrontare “il tema dei presunti aiuti di Stato sollevati dalla Commissione europea, per evitare una tassazione che sarebbe insensata e per dare valore alla specificità italiana in materia”. Il viceministro Rixi ha poi precisato che il governo intende mantenere i porti italiani “sotto il controllo pubblico”, mantenendone “la natura pubblica” che “non è in discussione”. Pare dunque allontanarsi l’ipotesi (da tempo caldeggiata dallo stesso viceministro leghista) di trasformare le Autorità di Sistema Portuale in Società per azioni.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, però, chi ha preso parte alla conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP riferisce che una linea d’azione univoca e condivisa sulla ‘sentenza’ di Bruxelles (che ha dato due mesi di tempo all’Italia per far sapere se intende accettarla o meno) sarà stabilito in un apposito tavolo tecnico che si riunirà già nei prossimi giorni ma l’orientamento è quello di opporsi. Nel caso effettivamente passi la linea dura “bisognerà prima comunicare la non accettazione della decisione della Commissione Europea, poi si aprirà una procedura e solo allora si potrà ricorrere contro Bruxelles” spiega una fonte che ha preso arte alla riunione romana. La sede adatta per impugnare il documento firmato dal commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager, e inviato all’Italia a inizio gennaio è la Corte di giustizia europea. Il nostro paese non sarebbe nemmeno il primo a opporsi a questo orientamento perché lo stesso ha fatto poche settimane fa il porto di Bruxelles, così come altre associazioni nazionali dei porti esteri. In Italia il ricorso potrebbe partire dal Ministero dei trasporti, così come dalle singole Autorità di Sistema Portuale.
Se invece prevarrà l’orientamento della Commissione Europa per l’Italia gli effetti potrebbero essere dirompenti sotto diversi asetti. In primis, da un punto di vista finanziario e contabile, l’imposizione fiscale delle attività economiche svolte dalle port authority non metterebbe in ginocchio probabilmente nessuno scalo ma certamente finirebbe per privilegiare quelli che già oggi hanno infrastrutture e traffici in grado di generare elevate entrate per i rispettivi enti. Nei porti minori, per converso, difficilmente potrebbe essere finanziata una nuova opera infrastrutturale dal costo elevato avendo a disposizione risorse economiche ancora più limitate.
C’è poi il tema legato al trasferimento di risorse pubbliche dallo Stato alle AdSP che, secondo l’orientamento comunitario (recentemente confermato anche dal caso del porto di Napoli e dei bacini di carenaggio dati in concessione ma ristrutturati con denaro pubblico), non sarebbero ammissibili. Ciò porterebbe in futuro alla necessaria compartecipazione dei privati (sottoforma di partnership pubblico private) alla realizzazione di nuove infrastrutture ma anche in questo caso sarebbero avvantaggiati in particolare gli scali più attraenti, quelli cioè in grado di servire mercati più ampi (ad esempio quelli del Nord Tirreno e del Nord Adriatico). “Il vero problema è che, essendo le Auorità portuali imprese, il trasferimento di risorse da Roma potrebbe configurarsi come aiuto di Stato e andrebbe quindi notificato a Bruxelles e potenzialmente potrebbe essere bocciato” sottolinea un presidente di port authority. Leggi tutta la notizia
Fonte: SHIP2SHORE