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31 Gen 2018
"Firmato il dpcm (decreto del presidente del consiglio dei ministri) con i criteri per le #Zes, ora il testo passa alla Corte dei Conti e poi in Gazzetta Ufficiale. Presto si potranno costituire le zone economiche speciali: una spinta ulteriore alla ripresa del Mezzogiorno con i porti protagonisti". Con questo tweet del 25 gennaio scorso il ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, dava comunicazione del via di fatto alla creazione delle Zone Economiche Speciali (Zes), il cui ruolo principe è di attrarre investimenti anche dall’estero per favorire i flussi di merci in transito nel mar Mediterraneo e di qui destinati, via il canale di Suez, ad agganciarsi ai traffici per la Cina via la nuova Via della Seta.
A COSA SERVONO LE ZES?
Scopo delle Zone economiche speciali è - come detto - quello di attrarre investimenti esteri o extra-regionali mediante incentivi, agevolazioni fiscali, facilitazioni normative e così via. A livello mondiale ne sono attive 2.700, con i casi più celebri di Cina e Dubai. In Europa sono all’incirca una settantina, 14 delle quali in Polonia, il cui modello sta ispirando le Zes italiane. La misura più importante delle Zes polacche è in particolare la "corporate income tax exemption" (esenzione di imposta sul reddito di società) che in questo Paese oscilla tra il 25% e il 55%. In Italia le Zes sorgeranno al Sud e devono comprendere un’area portuale, collegata alla rete trans-europea dei trasporti. Sono istituite all’interno dei confini statali, in una zona geografica delimitata e identificata con chiarezza. Potranno esserci Zes in aree territoriali non direttamente adiacenti all’area principale, purché ci sia però un nesso economico funzionale con la zona portuale.
STRUMENTO DI RILANCIO DEL SUD
Secondo quanto previsto dal decreto Sud che ha istituito le Zes nel nostro Paese (con uno stanziamento di 200 milioni di euro da impiegare tra il 2018 e il 2020), dovrebbero insediarsi almeno cinque di tali aree in altrettante Regioni meridionali, ovvero Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. In cima alla lista delle aree deputate a diventare Zes vi sono quelle di Gioia Tauro e Napoli-Salerno (già praticamente pronte per ottenere il via), nonché Augusta (assieme a Catania e Siracusa), Bari-Brindisi, Cagliari, Palermo e Taranto. Di recente il ministro De Vincenti ha però affermato che nella lista delle Regioni che beneficiano delle Zes sarebbero incluse anche Abruzzo e Molise, in quanto il decreto Gentiloni consente la creazione di Zes interregionali che si possono collegare a Regioni contigue dotate però di porti.
LE AGEVOLAZIONI PER CHI SI INSEDIA IN QUESTE AREE
Fino al 31 dicembre 2020 aziende (anche straniere) che investono all'interno delle Zes hanno diritto a un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno col limite massimo, per ogni progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Previsti anche altri tipi di agevolazioni, soprattutto di natura burocratica e fiscale. Per ottenere questi benefici però le imprese devono mantenere le attività nella Zes per almeno cinque anni successivi al completamento dell’investimento agevolato, pena la revoca dei benefici, inoltre non devono essere in liquidazione o in fase di chiusura.
E IL NORD DOVE LO METTO?
Un emendamento in extremis alla legge di Bilancio ha istituito nuove zone franche a burocrazia zero per attrarre investimenti anche nei porti dell’Italia settentrionale. Sono le Zls, Zone logistiche speciali, versione più leggera delle meridionali Zes, rispetto alle quali non prevedono il credito d'imposta per gli investimenti, ma possono invece beneficiare delle stesse semplificazioni fiscali e burocratiche. Di Zls se ne dovrà avere non più di una per Regione in un’area portuale strategica (porto Tent-t) o dove c’è un’Autorità di sistema portuale. Come per la Zes, anche la Zls verrà istituita con un Dpcm, su proposta della Regione interessata, per una durata massima di 7 anni, rinnovabile fino a un massimo di altri 7 anni.
Fonte: EUROMERCI