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06 Nov 2017

La check-list per battere il rischio Brexit

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Minimizzare i costi utilizzando la leva logistica e doganale.

 

Il conto alla rovescia è già iniziato: nel marzo 2019 la Gran Bretagna lascerà l’Unione europea. L’impatto sarà diverso a seconda del nuovo accordo che verrà siglato, ma le aziende italiane che operano Oltremanica e i player del mercato internazionale possono giocare d’anticipo utilizzando la leva logistica e doganale per minimizzare costi diretti e indiretti legati al cambio di regime. Non solo per prevenire gli effetti potenzialmente sfavorevoli di Brexit, ma per tentare di trasformare le nuove variabili in opportunità.

 

Dogane, Iva e accise i settori saranno direttamente interessati dal divorzio tra Ue e Londra. Gli operatori del mercato internazionale dovranno dunque mettere in campo un processo di revisione e pianificazione dei flussi di approvvigionamento e di commercializzazione dei prodotti trattati. Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea si creerà infatti una barriera doganale tra i due sistemi. Non tutte le barriere doganali, però, sono realmente tali se la volontà delle parti è quella, come pare, di mantenere le relazioni commerciali a un livello di integrazione profondamente sofisticato come del resto è quello ad oggi raggiunto. Per il momento, per esempio, l’unico atto di volontà concreto intrapreso da Londra con il Customs Bill va in direzione dell’assorbimento totale del diritto dell’Unione che, in materia doganale, è integralmente armonizzato da oltre 40 anni, metà dei quali trascorsi addirittura nell’ambito di una legislazione condivisa (Codice Doganale Unionale). Alla luce dei documenti pubblicati finora, la nuova formula dell’accordo non sarà probabilmente quella dell’Unione doganale pura sul modello di quella già siglata con la Turchia, ma piuttosto un’area di libero scambio su ispirazione di quella in vigore tra la Ue e la Svizzera. (Si veda Il Sole 24 Ore del 30 ottobre).

 

In questa logica l’esame dei flussi di acquisto e vendita è decisivo per sfruttare le opportunità offerte dall’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Le imprese produttive e quelle che si limitano alla commercializzazione sono infatti costrette ad analizzare a fondo i mercati di approvvigionamento e quelli di sbocco, di primo e di secondo livello, per comprendere in anticipo se risulta vantaggioso modificare gli assetti attuali. Su questo, molto dipenderà se verrà o meno stipulato un accordo commerciale tra le parti e se, in caso affermativo, questo sarà strutturato nella forma di un accordo di libero scambio. In questi casi i depositi doganali e fiscali, le piattaforme logistiche e la corretta mappatura dei flussi commerciali avranno dunque un ruolo decisivo. Si creeranno infatti casi in cui un prodotto destinato Oltremanica non potrà più esser importato in un hub europeo e, poi, da lì riesportato. La penalizzazione, in questi casi, sarà il doppio pagamento del dazio, una volta nella Ue e un’altra in Gran Bretagna.

 

Allo stesso modo, la merce prodotta nel Regno Unito secondo i nuovi standard interni, e poi esportata in tutto il mondo, dovrà rispettare tutte le norme extratributarie vigenti nella Ue e non solo quelle locali. La penalizzazione, in questo caso, è invece l’applicazione di una barriera non tariffaria indiretta che potrà gravare su beni, che potranno essere liberamente esportati dalla Ue negli Usa, ma non nella Ue, o viceversa. I flussi e le catene commerciali dovranno così essere riconsiderati tenendo in considerazione fattori chiave del tutto innovativi: la tipologia dei beni trattati, le regole di origine applicabili, le linee logistiche seguite o, ancora, gli impatti fiscali e daziari che gravano sulle merci.

 

Per prodotti del Far East un ruolo centrale potrà poi essere svolto dai regimi fiscali sospensivi: l’utilizzo di un deposito doganale, infatti, permette lo stoccaggio di beni in sospensione di imposta, in attesa della loro estrazione per l’esportazione (senza dazi) o per l’immissione in libera pratica (con dazi). Allo stesso modo, potrà rendersi opportuno uno sdoppiamento e una decentralizzazione di unità produttive o, soprattutto, di unità logistiche, per evitare duplicazioni di imposta – prima nella Ue e poi in Gran Bretagna – e aggravi di tipo amministrativo che diventerebbero ltrimenti insuperabili. La formalità doganale, contrariamente a quella relativa all’Iva europea, resta comunque un momento di rischio per l’impresa che non può essere duplicato inutilmente.

 

 

Fonte: IL SOLE 24 ORE

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