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01 Mar 2016
Per poter comprendere maggiormente l’unicità specifica che contraddistingue sia l’Iran sia l’Oman nel contesto mediorientale e del Golfo Persico, è utile approfondire i correnti legami politico-economici che uniscono Mascate e Teheran. È fuor di dubbio che un consolidamento del rapporto tra l’Iran, una delle principali potenze regionali e baluardo sciita, circondata interamente da attori sunniti più o meno ostili, e l’Oman, che aspira a divenire un punto focale d’intermediazione, sia politica sia logistica-commerciale, possa influire notevolmente nell’evoluzione del contesto non solo regionale ma anche internazionale (soprattutto nell’Oceano Indiano, nell’Asia Centrale e lungo la costa orientale dell’Africa).
L’interrelazione tra Oman e Iran è complessa ed elaborata, soprattutto per quanto riguarda il panorama energetico, petrolio e gas, in cui assume toni quasi contradditori [negativi in campo petrolifero, ottimi sul piano del gas naturale]. Infine, sul legame politico e di sicurezza, è un dato di fatto che la posizione defilata dell’Oman nel contesto del Gulf Cooperation Council (GCC), abbia favorito una buona convergenza di interessi, che divengono realmente complementari se si considera la partnership logistica in corso d’opera.
Petrolio
L’accordo sul nucleare iraniano e la riduzione delle sanzioni contro Teheran può sicuramente avere implicazioni, di non poco conto, sul comparto petrolifero sia dell’Iran sia dell’Oman. Secondo un report di giugno 2015 della Central Bank of Oman, il contributo della produzione petrolifera sul PIL omanita è sceso nel 2014 al 47,2%, rispetto al 52,3% del 2012 e al 50,6% del 2013. Inoltre, il calo del prezzo del greggio, secondo l’International Monetary Fund (IMF) è suscettibile di portare in deficit l’economia di Mascate. È pur vero che, nonostante l’alta soglia di break even dell’Oman, 108 dollari USA come prezzo di riferimento, la locale compagnia petrolifera, la Oman Oil Company Exploration and Production (OOCEP), mantiene fermo il suo piano strategico di nuovi investimenti ed esplorazioni in giacimenti. Tuttavia, proprio il ritorno dell’Iran sui mercati internazionali dell’energia petrolifera potrebbe vanificare tali sforzi. Nel corso delle ultime settimane, il Ministro del Petrolio della Repubblica Islamica, Bijan Namdar Zanganeh, ha ribadito la volontà di Teheran di riprendersi quote di mercato pre-sanzioni (fino a 4 milioni di barili al giorno, nei prossimi mesi, sforzo considerevole se si considera l’attuale produzione a 1,4 milioni di barili). Considerando un rientro massivo della produzione iraniana a livello internazionale, un’ulteriore offerta di greggio potrebbe nuocere significativamente alla non forte industria petrolifera omanita (790.000 barili di produzione al giorno, di media), rappresentando un reale disincentivo anche per l’intraprendente OOCEP. Anche l’Iran giocherebbe un azzardo, immettendo un tale nuovo quantitativo di petrolio sul mercato, ma la sua partita contro il rivale di sempre, l’Arabia Saudita, peraltro tra i maggiori responsabili, nell’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC), impone un costo economico, almeno nel breve periodo, per poter ottenere una vittoria sul piano politico, e la forte ripresa dell’export petrolifero persiano lo sarebbe senz’altro.
Gas naturale
Il discorso cambia radicalmente, se si considera il settore del gas naturale: il matrimonio di convenienza tra l’Iran del Presidente Hassan Rouhani (e della Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei) con l’Oman del Sultano Qaboos bin Said al-Said acquista una sua fisionomia più chiara, anche se ancora parziale. Il Sultanato e la Repubblica Islamica sono vicini a concretizzare la gas pipeline sottomarina, che dovrebbe collegare Sohar, nel nord dell’Oman, con il porto iraniano di Chabahar e, in futuro, giungere fino in India, fornendo quindi un duro smacco all’Arabia Saudita, che punta sempre a presentare un fronte compatto, e potenzialmente ostile, nei confronti dell’Iran. La condotta, presente solo sulla carta dal marzo 2013, rappresenta un’opportunità concreta per entrambi i Paesi. L’Oman, che esporta quasi tutta la sua energia, ma ne necessita per i consumi interni, nel 2005 aveva deciso di acquistare gas e Gas Liquefatto Naturale (GNL) dall’Iran; tuttavia, a causa delle complicazioni diplomatiche che hanno coinvolto Teheran, il Sultano era stato fortemente pressato, in primis dagli Stati Uniti, a cercare venditori alternativi, puntando soprattutto sul Qatar. Ora, con la distensione in corso d’opera, Mascate, può concretizzare con Teheran l’acquisto di 20 milioni di metri cubici di gas naturale al giorno, circa 10 miliardi ogni anno, per 25 anni, per una cifra che oscilla intorno ai 60 miliardi di dollari USA. Lapipeline dovrebbe essere pronta entro il 2018, con un costo complessivo di 1 miliardo di dollari.
Politica e sicurezza
Che la lunga opera di diplomazia e intermediazione portata avanti dall’Oman di Qaboos tra Repubblica Islamica e gli Stati Uniti possa essere foriera di risultati, è ormai un dato certo, perché tale politica di medio-periodo rappresenta uno dei tasselli principali della politica regionale omanita. L’Iran, d’altro canto, necessitava la presenza di un agente, teoricamente “dell’altro campo”, in grado, per obiettivi politici ed economici, di poter aprire un canale diplomatico in cui gli interessi pratici potessero risultarne un solido collante . Garanzie per garanzie, l’Oman guarda sempre con molta preoccupazione a quanto avviene nel vicino Yemen, da sempre considerato da Qaboos una sorta di “buco nero” vicino alla frontiera sud-occidentale del suo Paese. Il progetto di una barriera di sicurezza lungo il confine tra Yemen e Oman, se mai troverà concretezza, passa necessariamente anche dall’assicurazione fornita da Teheran (uno dei responsabili indiretti, assieme all’Arabia Saudita, del caos in atto nell’unica Repubblica della Penisola Arabica) che l’Oman possa essere risparmiato da effetti collaterali della guerra civile in Yemen. È un progetto di lungo corso, quello della cooperazione sulla sicurezza tra Teheran e Mascate, strutturato sin dal 2009 con un patto di difesa basato su esercitazioni militari bilaterali, con un occhio di riguardo alla sicurezza marittima anti-pirateria.
Logistica
Interdipendenza diplomatica propedeutica alla reale connessione intermodale e logistica tra i due Paesi, entrambi alla ricerca di una nuova (o rinata, nel caso dell’Iran) proiezione regionale e internazionale. Cooperando, Oman e Iran sono potenzialmente in grado di “aiutarsi l’un l’altro”.
L’asse Oman-Iran parte dall’assunto che Teheran che voglia nuovamente buttare nel piatto degli equilibri d’area tutto il proprio peso politico, economico e strategico, possa realmente fungere da connettore tra le pianure dell’Asia Centrale e le sponde del Golfo Persico e dell’Oceano Indiano, e che Mascate voglia concretizzare le sue possibilità di divenire “potenza logistica” lungo le sue coste, artefice primo dello smistamento delle merci verso Suez e l’Europa da un lato e verso le coste orientali dell’Africa dall’altro. Rappresenterebbe, questa comunione d’intenti, l’unione dei due tasselli di quelle vie terrestri e marittime capaci di collegare compratori e acquirenti (Cina, India, Stati dell’Asia Centrale come Uzbekistan, Kazakhstan, Turkmenistan, Russia, Pakistan).
I porti omaniti di Salahah, Duqm e Sohar, strategicamente posizionati sulla rotta dall’Oceano Indiano verso Suez e l’Africa orientale e soprattutto fuori dallo Stretto di Hormuz, sono in grado di portare avanti quell’interconnessione modale e la movimentazione merci [da grande naviglio a imbarcazioni di medie dimensioni, ideali per lo smistamento su varie rotte] al centro dei piani d’ascesa di Mascate. Salahah funge già da centro di trasbordo ed è in via di ampiamento; Duqm, città artificiale [vagamente ispirata, concettualmente all’idea già concreta di Gwadar in Pakistan e quella, ancora in fieri, di Chabahar in Iran] pronta ad offrire interessanti opzioni commerciali (grazie all’esenzione fiscale su molte attività, per 30 anni, pensata proprio per favorire l’Iran, attirando nel contempo gli interessi cinesi e americani) e Sohar, strategicamente prossima ad Hormuz, sono le tre “perle omanite” che dovrebbero essere potentemente collegate via ferrovia e a mezzo strada con i vicini Emirati Arabi Uniti.
La Sultanate of Oman Logistic Strategy 2040 (SOLS 2040) è la chiave di lettura principale, che aiuta a chiarire le concrete possibilità d’interazione tra Oman e Iran .
L’hub logistico che l’Oman può rappresentare, secondo il SOLS 2040, una potente attrattiva non solo per i partner internazionali, tra cui l’Iran, ma anche per i “vecchi alleati” del GCC che, grazie al favorevole posizionamento dell’Oman, potrebbero beneficiare di un significativo risparmio di costi e di tempo nella distribuzione e nel trasbordo delle merci. È questa la logica dell’azione programmatica dell’Oman: favorire tutti senza scontentare nessuno, nei limiti dei pesi e dell’alleanze tra gli Stati.
In quest’ottica, è normale che quanto sta avvenendo in Siria e Iraq, a causa soprattutto, ma non solo, dell’azione del sedicente Stato Islamico, preoccupi l’Oman, per certi aspetti ancor più dell’Iran. Teheran non può sottrarsi dai suoi impegni con la Siria, con la protezione delle comunità sciite sparsa in Medio Oriente dall’Iraq fino alle coste del Libano, e non può inoltre abbandonare, proprio per la situazione in atto, il confronto a tutto campo con l’Arabia Saudita. L’Oman, dal canto suo, non potendo rivaleggiare, come peso militare con i suoi partner e pur operando come agente “d’intermediazione”, deve necessariamente, soggiacere all’evolversi delle congiunture in corso. L’Oman, quindi, spera, che il suo programma, ambizioso, di “Impero infrastrutturale”, possa trovare dispiegamento nel breve termine, ben prima del 2040.
Fonte: OPI