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25 Gen 2016
Un triestino torna ai vertici di Fedespedi, l’associazione che rappresenta 2200 aziende operanti nel comparto delle spedizioni e della logistica: Stefano Visintin, 48 anni, laurea in economia e commercio, lavora nell’impresa di famiglia Ro-ro Tranship ed è stato recentemente nominato vicepresidente nazionale dell’organizzazione che afferisce al vasto arcipelago di Confetra. Un ritorno di triestinità - si diceva - perchè in passato al timone di Fedespedi fu un imprenditore di queste parti che si chiamava Roberto Prioglio.
Il nuovo presidente Roberto Alberti, per anni a capo degli spedizionieri livornesi, ha voluto Visintin sulla tolda di comando, tolda dalla spiccata vocazione portuale. E’ lo stesso Visintin a sottolineare infatti come il suo coinvolgimento sia «il riconoscimento di un ruolo nuovamente centrale del sistema logistico del Friuli Venezia Giulia e del suo porto più importante, al quale deve essere riconosciuto il ruolo di scalo internazionale a esso assegnato dal Trattato di pace di Parigi ma purtroppo mai recepito nella normativa interna».
Da tempo Visintin si è impegnato nell’attività associativa, essendo alla guida degli spedizionieri triestini e regionali. In tutto un’ottantina di aziende con un migliaio di addetti: la metà di queste cifre riguarda Trieste. Ma - ricorda il “vicario” di Fedespedi - sono cifre decisamente lontane da quelle degli anni ’80: «E’cambiato il mondo dei trasporti, che si è concentrato sui camion e sui container, mentre il traffico convenzionale si è fortemente ridimensionato. Abbiamo perso in trent’anni la metà dei posti di lavoro».
Difficile fare lo spedizioniere a Trieste: il settore ha vissuto numerose crisi, legate all’apertura dei mercati europeo-orientali. Ancora oggi crisi ucraina ed embargo anti-russo non giovano al lavoro: si spera che perlomeno la riapertura delle relazioni con l’Iran dia un po’ di ossigeno alle aziende.
La lista degli impegni nell’agenda di Visintin è piuttosto lunga. A cominciare dal Punto franco al quale «come già accadde nella riforma del 1994, mancano i decreti attuativi, quindi torneremo a chiederli». A proseguire con il confronto con le strutture doganali «troppo concentrate sul traffico nazionale, finiscono col trascurare le procedure Ue e così gran parte dell’operatività portuale triestina viene sdoganata “a destino” fuori dall’Italia, con perdite sia di lavoro per il nostro settore che di incassi erariali per lo Stato». Leggi tutta la notizia
Fonte: IL PICCOLO