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09 Set 2015
Intervista al ministro dei Trasporti. Dimezzamento delle Authority e nuova governance: «Nella riorganizzazione del sistema Trieste avrà un’importanza decisiva a livello nazionale».
TRIESTE La riforma della portualità in Italia è attesa grosso modo da 22 anni: da quando è stata approvata l’ultima legge di riordino generale. Difficile e anzi proibitivo andare a mettere le mani in un groviglio di poteri locali e sinecure imprenditoriali. Graziano Delrio, ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, garantisce invece che «l’ter della riforma sarà concluso nell’arco di 2-3 mesi».
E per dare corpo all’affermazione, Delrio sgrana le diverse tappe. Iniziamo dalla coda, ossia dal decreto relativo alla riforma della governance dei porti, che «andrà all’approvazione del Consiglio dei ministri in una delle prime sedute post pausa estiva, dopo di che toccherà alle commissioni parlamentari. Insomma, in autunno finiranno i commissariamenti e ogni Autorità portuale avrà i propri nuovi organi».
Ne deriva che, per esempio, il commissario al porto di Trieste, Zeno D’Agostino, di recente confermato per un ulteriore lasso di sei mesi, in autunno dovrebbe essere intronizzato nelle vesti definitive di presidente.
L’accreditamento di D’Agostino al ministero è noto. D’Agostino e i suoi colleghi lavoreranno con un consiglio di amministrazione composto in totale da 3 persone, in luogo dei Comitati portuali attuali elefantiaci e disutili.
Per questo Delrio parla di “vero” consiglio di amministrazione, che sarà affiancato da un Comitato che avrà solo funzioni di indirizzo generale. Ma al tema “governance” risale anche la questione dell’assetto generale della portualità italiana. E qui la riforma incrocia in modo frontale i localismi italici. Se vi sono oggi 24 Autorità portuali, significa che l’Italia non sa definire priorità sulle quali canalizzare le (scarse) risorse finanziarie disponibili e su cui investire in termini di politiche dei trasporti.
Su tale punto Delrio dice secco: «Andremo a 14-15 Autorità portuali. La nostra ipotesi è di riorganizzare il sistema a partire dai porti core, collegando a questi tutti i sistemi regionali portuali minori. Per questo in questo periodo sto parlando con tutti i presidenti di Regione interessati». Si tratta ovviamente di costruire il consenso, poiché il dimezzamento delle Autorità portuali implica differenti assetti organizzativi e di potere. Nel caso del Friuli Venezia Giulia, per esempio, Monfalcone e Porto Nogaro dovrebbero finire sotto alla competenza dell’Autorità portuale di Trieste. A proposito del ruolo di Trieste, il ministro sostiene che lo scalo giuliano «nel ridisegno strategico della portualità italiana ha una importanza decisiva. Si tratta di un gateway fondamentale. L'Italia sta perdendo l'occasione di essere pontile dell'Europa. Ma rivitalizzando Trieste, Genova e i maggiori scali del Sud, possiamo coltivare l'ambizione di conquistare i mercati dell'Europa orientale, meridionale e centrale».
E come la mettiamo riguardo al dualismo nord Adriatico tra Venezia e Trieste? Qual è nel merito il giudizio del governo rispetto al progetto di porto offshore coltivato da Venezia? Solo su questo capitolo il ministro chiede tempo: «Il progetto offshore di Venezia richiede un'istruttoria ancora molto importante. Sono prudente perché ci sono tanto sostenitori molto convinti, quanto oppositori altrettanto determinati. E io vorrei capire meglio».
Il messaggio del governo è chiarissimo, chiudendo una stagione densa di commissariamenti e di nomine squalificate, di politiche dei trasporti ondivaghe, di bassissima capacità di realizzare nuove infrastrutture e di regolare il mercato, di creare opportunità di lavoro. Leggi tutta la notizia
Fonte: IL PICCOLO