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15 Apr 2015
Saranno gli svizzeri a rilanciare una volta per tutte lo scalo della Piccola Velocità di Brescia. Il terminal intermodale per il quale non si trova una soluzione da decenni. Un «nodo» su cui Brescia si arrovella, consapevole della strategicità del sito rispetto alle esigenze e alle ambizioni dell'industria bresciana, ma amnche consabevole del fatto di non riuscire a venirne a capo. Di «Piccola» si parla almeno da quando si parla di autostrada della Valtrompia. E allo stesso modo, e con gli stessi toni. Come di infrastrutture «decisive» per il sistema economico bresciano, sempre sul punto di partire ma sempre allo stesso punto morto. Ma se sull'autostrada non c'è mai stata l'unanimità dei consensi, di una piattaforma per lo scambio ferro-gomma, di un polo logistico e intermodale efficiente, nessuno ha mai negato l'importanza. Eppure, nessuno ha mai intravisto una prospettiva davvero concreta, ma solo tante liti tra istituzioni, tante idee, tanti allarmi caduti nel vuoto per un'occasione che Brescia si ostinava a perdere.
Sembrava un discorso definitivamente e irrimediabilmente chiuso, soprattutto dopo la rottura, consumata durante la scorsa consiliatura della Loggia, con Fs Logistic e Rfi che qualche progetto lo avevano abbozzatato. Adesso sembra possibile la svolta. Adesso arrivano gli svizzeri. Ed esattamente la società Hupac che per conto del governo elvetico ha stretto un alleanza con partner italiani con l'obiettivo di sviluppare l'area di 400mila metri quadrati della Piccola Velocità. Brescia è stata individiata come uno dei tre snodi decisivi per implementare la capacità intermodale dell'area della pianura Padana, che diverrà «caldissima» dal punto di vista trasportistico dalla fine dell'anno prossimo. Il restroscena dell'investimento sulla nostra città è l'apertura del nuovo tunnel alpino del San Gottardo (57 chilometri, il più lungo del mondo, più di quello che attraversa la Manica), gioiello di ingegenria svizzera del costo di 7,8 miliardi di euro. Che quando sarà pronto riverserà sul Nord Italia un gran numero di camion ma anche di convogli su rotaia. Si calcola che giornalmente, sulla nuova linea potranno transitare da 220 a 260 convogli merci, rispetto ai 140–160 attuali, e la capacità annuale di trasporto merci passerà così da 20 milioni di tonnellate a circa 50 milioni di tonnellate. I treni passeggeri (da 50 a 80 al giorno) raggiungeranno una velocità massima di 250 km all'ora, quelli merci di 160 km/h.
Uno scenario che ha posto prepotentemente agli occhi delle ferrovie federali svizzere il problema dell'interscambio. È così che nel 2014 l'ufficio federale dei trasporti di Berna ha firmato un memorandum of understanding per i progetti di tre terminal: Milano Smistamento, Piccola velocità a Brescia e Piacenza. L'obiettivo è quello di implemenare questi poli intermodali per renderli in grado di assorbire i nuovi volumi di traffico merci in arrivo da oltralpe. L'esigenza, a ben vedere, era già stata messa a fuoco nel 2012, e valutata dall'assessore ai trasporti della Lombardia Raffaele Catteaneo, dall'allora presidente Roberto Formigoni e dall'ex amministratore delegato di Ferrovie, Mauro Moretti.
Ma appunto, è lo scorso anno che, dopo una serie di abboccamenti e incontri, Fs, Cemat (Combined european management and transportation spa, società delle Ferrovie dello Stato che gestisce, organizza e commercializza il trasporto combinato strada-rotaia, con l'obiettivo di rendere più agili ed efficienti gli scambi e le relazioni economiche all'interno del Paese e con l'Europa attraverso tutti i valichi alpini) e la svizzera Hupac (azienda elvetica leader del trasporto combinato con sede a Chiasso) che decidono di creare una società mista con il preciso obiettivo di dare ai tre poli intermodali di Milano, Brescia e Piacenza le caratteristiche di moderni scali all'altezza delle sfide lanciate dall'apertura del San Gottardo. Leggi tutta la notizia
Fonte: BRESCIA OGGI