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Autostrade del Mare: economiche, ecologiche e logiche

Navi sempre più vettori fondamentali del trasporto mondiale. L’Europa ci crede. L’Italia fa poco. La sfida dell’Alto Adriatico.
‘? un porto di mare!’ si usa dire per indicare un luogo molto frequentato, rumoroso e disordinato, confusionario.
Invece, analizzando il Progetto 21 Motorways of the Sea (M.o.S. Autostrade del Mare), approvato dal Consiglio Europeo, i porti del Vecchio Continente (e del Mondo intero) non sembrano per nulla disorganizzati.
Di sicuro sono molto frequentati, visto che oltre l’80% dei traffici commerciali globali viaggia su nave e che più 400 milioni di passeggeri fanno scalo ogni anno nei porti europei.
Numeri fondamentali che, nonostante la crisi economica, confermano trend annui di crescita attorno al 4% : proiezioni tendenziali suggeriscono che nel 2018 viaggeranno su nave 2,1 miliardi di tonnellate di merci.
Nell’ambito delle Reti Transeuropee TEN-T (TransEuropean Networks- Transport) i collegamenti marittimi sono considerati come l’unico efficacie rimedio alla congestione attuale dei trasporti terrestri ed ai macro problemi che ne derivano.
Infatti, oltre a ridurre il traffico su strade e autostrade, consentono di diminuire concretamente l’inquinamento atmosferico, di ottenere un risparmio economico nel trasporto delle merci e di prevenire l’incidentalità.
Possibile è anche, in molti casi, un risparmio in termini di tempi di trasporto delle merci, grazie alle moderne tecnologiche offerte dalle flotte di navi Ro-Ro (Roll-on/roll-off, si contrappone a Lo-Lo, Lift on/Lift off), ossia con modalità di carico del ‘gommato’ in modo autonomo e senza ausilio di gru.
L’UE dichiara, affermando l’identità marittima dell’Europa e la sua supremazia in tale settore, che lo sviluppo dei collegamenti marittimi e, in particolare, dei corridoi paneuropei tra gli scali portuali dei mari (e dei fiumi) di tutto il Continente, può ridurre le strozzature e i colli di bottiglia presenti sulla rete viaria, può collegare le zone periferiche e le isole e rappresenta, in molti casi, una vera alternativa alla via stradale.
La Decisione 884/2004 del Parlamento Europeo, Articolo 12 bis, dichiara: ‘La rete transeuropea delle autostrade del mare intende concentrare i flussi di merci su itinerari basati sulla logistica marittima in modo da migliorare i collegamenti marittimi esistenti o stabilirne di nuovi, che siano redditizi, regolari e frequenti, per il trasporto di merci tra Stati membri onde ridurre la congestione stradale e/o migliorare l’accessibilità delle regioni e degli Stati insulari e periferici. Le autostrade del mare non dovrebbero escludere il trasporto misto di persone e merci, a condizione che le merci siano predominanti’.
Le Autostrade del Mare sono quindi finalizzate a far viaggiare container, automezzi e passeggeri sulle navi, valorizzando il trasporto marittimo, migliorando i collegamenti a corto raggio esistenti oppure creando nuovi collegamenti a corto raggio sostenibili, regolari e frequenti.
Nel 2010 i mezzi pesanti che le hanno utilizzate abitualmente sono stati, in Italia, circa 1.500.000.
La flotta mercantile che percorre le rotte delle Autostrade del Mare può contare su una capacità di riempimento di stiva che si attesta intorno al 50%.
Va da se che il raddoppio del tonnellaggio è pertanto ottenibile senza aggiuntivi costi economici ed ambientali.
Da un punto di vista sociale, i benefici occupazionali che ne deriverebbero sono lampanti.
Il sistema autostrade del mare si basa sul concetto di intermodalità, sistemi logistici grazie ai quali si possono trasbordare velocemente le merci tra differenti mezzi di trasporto (navi, treni, TIR, aerei).
Da qui la necessità, riconosciuta e finanziata (85 milioni di euro già spesi, altri 300 milioni a disposizione entro il 2015) dall’Unione Europea, di aggiornare le infrastrutture portuali, di ammodernare la logistica di porto e, soprattutto in Italia, di retroporto.
Infatti, si sono già mossi da tempo alcuni scali Europei che, per assecondare le notevoli e crescenti esigenze dell’Armamento, dei Vettori Marittimi e dei Mercati, sono fortemente impegnati nella realizzazione di nuove opere infrastrutturali.
? il caso, ad esempio, di Rotterdam, Amburgo, Brema, Anversa, Le Havre, Algeciras, Fos, che hanno fondato le loro fortune, appunto, sulla capacità di recuperare ampi spazi al mare e poter sia eseguire sistematiche e continue operazioni di dragaggio che gestire in modo razionale i relativi fanghi, realizzando piattaforme logistiche un tempo impensabili.
Nell’ultimo trentennio il letargo infrastrutturale ha caratterizzato la portualità italiana ed ora ne stiamo pagando, purtroppo, le amare conseguenze.
In un Paese come l’Italia, per la sua conformazione geografica, il cabotaggio ed un efficacie sistema di trasporti combinato gomma-ferro-mare dovrebbero essere riconsiderati nella loro più vasta portata strategica, consentendo di cantierizzare nuove infrastrutture a servizio delle Autostrade del Mare.
Non stiamo comunque a guardare: Genova, Livorno, Civitavecchia, Palermo, Trieste e Venezia ‘sentono’ di essere naturali propaggini dei corridoi europei e hanno già compiuto valutazioni, elaborato progetti ed avviato qualche cantiere.
L’Alto Adriatico, con Ravenna, Trieste-Venezia e Capodistria-Fiume, potrebbe riuscire ad attrarre un po’ più a sud il baricentro del Sistema Trasportistico Comunitario, beneficiando così dei rilevanti ritorni economici ed occupazionali generati dalla logistica di porto e retroporto, poiché questa sfida rappresenta un’occasione unica di creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Fonte: DOVATU

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