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Vertenza Mittal: la denuncia degli autotrasportatori

Vertenza Mittal: la denuncia degli autotrasportatori

Anche i trasportatori sono stati messi in cassa integrazione generando una drammatica sofferenza economica.

Lo stato di agitazione degli operai dello stabilimento ex Ilva, oggi gestito in affitto da ArcelorMittal, finisce per coinvolgere anche le ditte dell’indotto. È ai ferri corti il rapporto tra il colosso franco indiano e gli autotrasportatori. Le aziende del settore che operano per la movimentazione dei prodotti e delle materie prime, denunciano una serie di problematiche ancora irrisolte, a cominciare dai ritardi dei pagamenti.

Lo scorso novembre c’erano anche i trasportatori aderenti a Sna Casartigiani tra quelli che avviarono uno sciopero davanti alla portineria C dello stabilimento siderurgico di Taranto per ottenere il pagamento delle fatture emesse. In seguito al presidio, anche grazie all’intervento di Regione Puglia e Comune, si raggiunse un accordo con ArcelorMittal. Oggi però, il problema si ripropone. Si attendono infatti ancora le fatture di febbraio. Molti trasportatori fanno fatica ad andare avanti.

Ma ciò che preoccupa maggiormente la categoria è anche l’avvio di una piattaforma online per la gestione di tutti i servizi di trasporto.
«Mesi fa, in piena pandemia, siamo stati invitati a iscriverci al portale. In realtà l’invito è stato esteso ai trasportatori di tutta Italia. L’obiettivo di Mittal è quella di raccogliere le offerte e giocare al ribasso – riferisce Giacinto Fallone, presidente provinciale della sezione Autotrasporto di Casartigiani Taranto – spingendo al massimo la concorrenza. L’azienda infatti, attraverso questo strumento, sceglie chi pratica il prezzo più basso. Sta lucrando, cerca solo di risparmiare il più possibile senza però investire sul piano ambientale o sulla manutenzione degli impianti. Abbiamo più volte contestato questo sistema ma non siamo stati ascoltati. Non riusciamo ad avere un dialogo con la proprietà. C’è una chiusura totale».

L’emergenza Coronavirus poi ha solo creato le condizioni ideali per il disimpegno della multinazionale dell’acciaio. «Con la gestione Riva, anche se da un punto di vista ambientale c’erano grossi problemi, il lavoro c’era per tutti e i pagamenti arrivavano puntuali. Da quando sono subentrati i commissari e poi Arcelor Mittal non s’è visto nessun miglioramento. – fa sapere Giuseppe Pantaleo, titolare di un’impresa dell’indotto – Sin dal primo giorno non hanno mai dato un segnale di ripresa. Hanno sempre minacciato lo Stato e di conseguenza anche gli operai, ma senza la volontà di mandare avanti lo stabilimento. Sembra che abbiano messo le mani sull’ex Ilva solo per difendere i propri interessi e non avere competitor in Europa».

Ora che le attività dell’indotto sono ferme cresce la preoccupazione tra i lavoratori, privi di garanzie sul futuro. «Mittal ha deciso di portare al minimo la produzione, tant’è che le spedizioni sono praticamente a zero. Dunque non c’è lavoro. Se non si produce non si trasporta materiale. – aggiunge Fallone – Anche i trasportatori sono stati messi in cassa integrazione generando una drammatica sofferenza economica. Il Covid 19 ha peggiorato la situazione ma per l’azienda è solo un alibi per abbandonare l’Italia. Se Mittal vuole andarsene lo faccia subito e si decida una volta per tutte quali saranno le sorti del siderurgico e dei lavoratori».

Fonte: CORRIERE DI TARANTO

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