«Porto franco»: ecco la parola magica! In Italia – ma non solo – sembra che questa sia una delle poche carte vincenti con cui giocare la partita della crisi. Così, c’è chi vuol diventare porto franco, chi lo è già ma vuole assumere dimensioni maggiori e chi infine preferirebbe che altri non lo diventino.
Livorno e Ancona, tra porti e interporti
Tra chi si candida a diventare porto franco compaiono per esempio i porti di Livorno e di Ancona, gemellati in una proposta di legge già presentata in Parlamento per iniziativa di due esponenti del partito democratico, Silvana Amati e Marco Filippi. E peraltro la richiesta di istituzione di porto avanzata nella scorsa legislatura, ma approvata da un solo ramo del Parlamento investe, oltre agli scali veri e propri, anche gli interporti di riferimento, nella fattispecie Guasticce e Jesi.
Venezia che cresce
Ma di porto franco si parla pure a Venezia, visto che sulla Gazzetta Ufficiale del 6 aprile è stato pubblicato il decreto che consente di spostarlo e ingrandirlo a Marghera, su un’area di 8000 metri quadrati tra il varco di via del Commercio e via dell’Azoto. A Venezia, infatti, un porto franco esisteva già, ma era poco utilizzato perché il grosso dei traffici erano di respiro comunitario. Adesso, questo rilancio potrebbe portare lo scalo veneto in diretta concorrenza con Trieste, altro porto franco esistente in Italia (gli altri esistenti sono Genova e Gioia Tauro).
Serracchiani: «Bravi a Venezia, noi invece, a Trieste»
E proprio da Trieste giungono le critiche di Debora Serracchiani, che prende atto della capacità dei veneziani di riattivare con una precisa «volontà politica» – il porto franco. Ma sottolinea pure come per forza di cose questo riattivato punto franco finirà per fare «concorrenza, anche sul trasporto intermodale, al porto di Trieste», che al contrario è stato dimenticato dai politici. Anzi l’europarlamentare dice chiaramente che «la Giunta Tondo si è disinteressata del porto di Trieste» e che questo «è uno dei motivi per cui io mi candido a governare la mia Regione: perché non mi rassegno come Tondo a vederla diventare una provincia del Veneto, con Trieste porto delle occasioni perdute».
Capodistria: metti un porto franco al di là del confine
Peraltro, mentre tra Trieste e Venezia si discute, dall’altra parte del confine ci si dedica ai fatti. La Commissione europea infatti sta valutando l’opportunità di creare un’ampia zona franca nel comune di Capodistria, in Slovenia. E anche su questo Debora Serracchiani ha preso opportune contromisure, presentando un’interrogazione in cui lamenta di fatto gli squilibri concorrenziali e commerciali che l’istituzione di una zona franca slovena andrebbe a creare. è vero che «gli Stati membri spiega Serracchiani tramite la loro relativa legislazione nazionale possono esentare dall’IVA le cessioni di beni destinati a essere collocati in una zona franca e le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nella stessa. Ma l’istituzione di zone franche, però, se prevede la concessione di incentivi fiscali o di altri vantaggi che costituiscono aiuti di Stato, può essere autorizzata dalla Commissione solamente se contribuisce agli obiettivi di interesse comune». E «l’istituzione di zona franca a Capodistria al di fuori dell’area portuale causerebbe una concorrenza fiscale dannosa e i privilegi fiscali concessi potrebbero avere effetti distorsivi sia sugli altri Stati membri, sia sulle zone confinanti dello stesso paese».
Fonte: UOMINI E TRASPORTI