Parliamo di «franco fabbrica». In che modo si prova in operazioni di questo tipo l’avvenuta cessione intracomunitaria con relativa fattura non imponibile IVA? A questo domanda ha risposto l’Agenzia delle Entrate (con risoluzione n. 19/E del 25 marzo) spiegando che in questo tipo di cessioni di beni trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro dal cedente, dall’acquirente o da terzi per loro conto, nei confronti di soggetti passivi d’imposta, ci può avvalere anche del CMR elettronico.
Tutto prendeva le mosse da una richiesta di un’interpello di una società che chiedeva se i mezzi di prova comuni nell’ambito della propria attività come appunto un CMR elettronico fossero sufficienti a soddisfare gli oneri documentali gravanti sul contribuente in relazione alla prova del trasporto intracomunitario di beni, affinché l’operazione possa considerarsi cessione intracomunitaria non imponibile.
All’origine del dubbio c’è il fatto che la legge italiana non contiene previsioni specifiche rispetto ai documenti che il cedente deve conservare in caso di controllo per provare l’avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato comunitario, consentendo dunque alle parti di provare la natura dell’operazione.
In genere, ricorda l’Agenzia, tra questi strumenti finalizzati a provare il transito delle merci verso un Paese UE viene considerato il documento di trasporto da esibire insieme agli elenchi Intrastat, alle fatture e alla documentazione bancaria. Ma questo elenco può essere allargato a ogni altro documento idoneo a dimostrare l’invio delle merci in altro Stato. E il CMR elettronico non può che essere considerato tale.
Fonte:UOMINI E TRASPORTI